mercoledì 5 settembre 2012

E la cancelliera di ferro si “accorse” che oltre ai mercati c’è dell’altro


C’è un qualcosa di insolito nell’anomala retromarcia di Angela Merkel che, improvvisamente, ha scoperto come la stretta dipendenza dai mercati danneggi la gente comune. La stessa, per intenderci, che paga le tasse e che subisce in prima persona i riverberi di politiche arraffazzonate o dettate dalle potenze delle multinazionali e da nient’altro. Insolito perché non è da frau cancelliera un’inversione di tendenza di queste (rapide) proporzioni e con le conseguenze, politiche e sociali, che inevitabilmente ne deriveranno. Ragionare oggi, a due anni dall’esplosione della crisi greca ed europea, sulla pericolosità dei mercati assunti tout court come metro unico e solo di valutazione, potrebbe non solo non bastare alla ricomposizione di un quadro federale europeo, ma soprattutto potrebbe essere frutto di considerazioni “altre”. 

Lecito domandarsi, serenamente e senza contaminazioni ideologiche secondarie, se nell’economia complessiva del pensiero merkeliano abbiano inciso (e in quale misura) le delusioni elettorali interne. Come ad esempio quella del maggio scorso, quando la Cdu nel nord Reno-Westfalia, il più popoloso Land tedesco, decise di indebolire sia il potere nazionale della Cancelliera sia la sua autorevolezza in Europa. 
Il partito fu costretto a confrontarsi con il sorpasso dei social-democratici, ovvero impattando sul peggior risultato elettorale dal dopoguerra ad oggi. In quell’occasione la Merkel escluse passi indietro nel sostegno alle politiche europee di rigore perché, disse, «non c’è alcuna contraddizione tra una solida politica di bilancio e la crescita». Senza magari riflettere sul fatto che sposare il rigore, imprescindibile per la sopravvivenza stes¬sa dell’unione, non equivale a mettere in piedi politiche pro banche o pro multinazionali. Ma armonizzare i numeri deleteri di questi anni con interventi coraggiosi e condotti a testa alta nella direzione dell’equità sociale, che non riducano i cittadini sul lastrico, come testimoniano i suicidi da crisi (e non solo in Grecia, dove sono giunti a quota duemila). 
Ma che li rieduchino a stili di vita differenti senza far gravare solo sulle loro spalle anni di errori e di sprechi, dove chi più ha più non ha pagato. Il riferimento potrebbe essere a forme di condivisione dei debiti, a utilizzazioni di strumenti come gli eurobond (a cui il governatore della Bce Mario Draghi ha dato una spinta, ci si augura, decisiva), a ridistribuzioni di fondi non a pioggia ma ragionati per lo sviluppo, a una forma non ideologica di patrimoniale, a un riequilibrio dei rapporti fra cittadini e istituti bancari. 

Ma anche a stati che, nonostante i debiti, continuano ad acquistare armi e contemporaneamente non dispongono più delle risorse necessarie per assicurare prestazioni sanitarie ai propri cittadini. Ecco il vero corto circuito non solo dell’area euromediterranea, strutturalmente più debole, ma dell’interno continente. La Merkel ha sempre dichiarato di guardare con serenità alle elezioni federali del 2013, ma di fatto l’ombra della candidata Hannelore Kraft si staglia minacciosa, contribuendo a legittimarla come principale avversaria per le urne del prossimo anno. L’auspicio è che non sia l’agenda elettorale di questo o di quel paese a condizionare analisi e valutazioni nel merito di una tematica strategica per la sopravvivenza stessa dell’unione. 
Perché se così fosse allora verrebbe meno il principio fondativo della comunità, ribadito da un illustre conterraneo di frau cancelliera: «rafforzare, durevolmente, le aspirazioni di tutti gli stati membri sotto il profilo della politica estera, culturale e dell’istruzione». 
Ovvero quel Konrad Adenauer che spese anni della sua esistenza per edificare, passo dopo passo, l’infrastruttura che oggi vacilla. Anche grazie a chi ha “dimenticato” quegli stimoli, firmati da menti come Altiero Spinelli e Giscard d’Estaing. 

Fonte: il futurista quotidiano del 5/9/12
Twitter@FDepalo

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