lunedì 8 febbraio 2010

GRECIA, LA SCONFITTA DELLA POLITICA



Da Mondogreco News del 02/02/10

“Entro nell’aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie” scriveva Leonardo Sciascia quarant’anni fa. Chissà quale stato d’animo avrebbe oggi, lo scrittore di Racalmuto,nel vedere e nell’analizzare in che condizioni si trova la patria della filosofia, della medicina, della scienza, oltre che di Omero, di Alessandro Magno, di Leonida e di tanti altri personaggi che hanno fatto la storia.



Adesso che istituzioni e media internazionali hanno acceso un fascio di luce sui conti finanziari della Grecia, sarebbe fin troppo facile pontificare circa soluzioni e medicine per “l’ammalato grave” dell’Unione Europea. Ma sarebbe anche fin troppo facile scrollarsi di dosso precise responsabilità e oggettive mancanze da parte di chi quei conti avrebbe dovuto valutare con attenzione, evitando sprechi colossali e mistificazioni assurde. Reperire le cause del dissesto finanziario ellenico non è ad appannaggio solo di coloro che hanno conseguito un master alla London School of economics. Chi frequenta la Grecia o ne ha una cognizione tangibile anche media, negli anni si sarà senza dubbio accorto di una serie di fattori legati alla quotidianità, ma che l’intera classe politica, o ha colposamente sottaciuto, o ha deliberatamente sottovalutato.

Semplicemente la Grecia per un trentennio ha speso più di quanto ha prodotto. In una serie di ambiti, piccoli e grandi. Si prenda la scuola e l’università, dove il modello attuato oltre ad essere palesemente anacronistico, appare controproducente su due principali fattori: quello della strutturazione dell’offerta formativa e quello del conseguente livello professionale cognitivo. Gli studenti greci, oltre a recarsi a scuola al mattino, osservano la prassi di frequentare anche i doposcuola al pomeriggio. E non sporadicamente, come avviene anche in Italia, per preparare un esame di stato o un concorso. Ma abitualmente, con un aggravio di costi per le famiglie e anche per lo Stato, che comunque paga gli insegnanti di giorno, ma che poi alla fine non si sa per quale motivo, non offrono sufficiente preparazione tecnica agli studenti. Altrimenti non si spiegherebbe l’uso sistematico del doposcuola. Inoltre non esiste un criterio basato sul reddito familiare in virtù del quale ottenere libri di testo gratis: li hanno tutti, ricchi e poveri. A questo quadro sconsolante si aggiunge la logica perversa delle panellinie, gli esami di accesso alle Università. Chi non le supera è costretto a studiare all’estero, con altri fiumi di euro che fuoriescono dal sistema finanziario nazionale e con la famiglie che si indebitano. Niente di più deleterio. Nessuno ha proposto e realizzato in concreto, nell’ultimo decennio, la costruzione di nuove università, che consentano a tutti gli studenti greci di frequentarle in patria, oltre che rappresentare un’occasione di sviluppo occupazionale per le singole regioni. Poi ovviamente per chi lo desidera, nulla impedirebbe di accedere ad un master all’estero. Ma oggi tale opzione è consuetudine.

Altro dato sui cui riflettere: il rapporto tra lo Stato centrale e le singole amministrazioni locali. Si pensi ad esempio alla proliferazione di Comuni invisibili, anche al di sotto dei cinquecento abitanti, tutti dotati di sindaco, consiglieri comunali, in nome di un’autonomia senza perché e con costi aggiuntivi non indifferenti. In base a quale ragionamento politico-amministrativo si è proceduto a tale frammentazione delle singole istituzioni, senza invece operare una più saggia e funzionale razionalizzazione? Ancora, chi ha vigilato sui lavori effettuati in occasione delle Olimpiadi del 2004? La domanda, niente affatto retorica, è utile per capire chi e perché ha progettato impianti che oggi al 70% sono inutilizzati, con un aggravio di spese esorbitanti. E con ricadute in termini di tasse che i greci continueranno a pagare per quelle opere di cui oggi nessuno sente più parlare. Lavori pubblici e non solo: come non aprire una riflessione seria e ponderata sulla corruzione (che ha livelli da terzo mondo) e sul tema dell’inquinamento e delle energie sostenibili? In Grecia non si è incentivato l’utilizzo dei motori diesel, il cui carburante costa meno e produce anche meno tossine per l’ambiente. Alcuni centri cittadini, come Atene o Salonicco, sono addirittura interdetti alle auto a gasolio. Invece la maggior parte delle famiglie acquista auto anche di grossa cilindrata a benzina, quasi si muovessero per le Free Way americane. Lì dove le grandi marche storiche statunitensi stanno riconvertendo l’offerta con modelli economici e più piccoli, in partnership con la Fiat. Per non parlare delle alimentazioni a metano, che sarebbero un vero toccasana, anche per quegli agricoltori o per chi vive in montagna, costretti ad acquistare un agrotikò, dotato di quattro ruote motrici per via del fango e della neve. Che ad oggi si trova a fronteggiare costi elevatissimi per la manutenzione. E che spesso decide di non produrre più, chiudendo bottega.

Incongruenze, dilapidazioni di patrimoni, errori reiterati: il concetto di spreco è andato di moda per molti anni nell’Ellade. E su ampi versanti, dai rapporti con le gerarchie ecclesiastiche sui cui poca chiarezza anche finanziaria c’è stata, ai prodotti commerciali; senza contare le materie prime come l’acqua o il sole, o passando, con le dovute proporzioni, per la quantità di cibo finito al macero, sia da parte delle famiglie che da parte dei ristoranti e delle taverne. Sono alcuni esempi, riguardanti in primis lo Stato ma anche le piccole abitudini della società, che offrono un quadro di insieme della situazione. E che non potevano portare ad altro se non all’impoverimento del Paese. In tutti i sensi. Ma realmente qualcuno, tra politici, economisti o semplici cittadini, riteneva in cuor suo che uno Stato dove si pagavano pochissime tasse e dove non vi era un solo investimento per le future generazioni, avesse avuto qualche chanche di passare indenne lo tsunami finanziario del 2009?

Semplicemente in Grecia chi aveva il dovere, come un buon pater familias, di gestire la cosa pubblica e, perché no, indirizzare le abitudini dei privati, non solo non lo ha fatto, ma è diventato esso stesso parte di quel sistema verticale proiettato sull’oggi, come il detto “den pirasi” ci ricorda. Senza il benchè minimo sentore di cosa il domani potesse riservare. Sarebbe auspicabile, ma è evidente che apparirebbe come una mossa retorica e per certi versi utopistica, che la classe dirigente fosse azzerata in massa. Ma forse, anche dalle loro parti, qualcuno si starà accorgendo che è finito il tempo delle promesse e delle stagioni estive, tutte di caldo e di sole. E’arrivato purtroppo l’inverno sulla nostra madre Grecia, e sarà il caso di munirsi degli attrezzi idonei per spalare le centinaia di tonnellate di detriti che, ad oggi, affogano inesorabilmente il Paese.

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