Da Barisera del 12/02/10
Chissà come si sentiva esattamente due anni fa il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nei primissimi giorni di campagna elettorale. Era il gennaio del 2008 quando il popolo americano iniziò a trovarsi di fronte un simpatico ragazzo “abbronzato”, con la passione del basket e delle imprese impossibili. Convinto che al di là del muro vi fosse un mondo nuovo, tutto da costruire in nome della forza delle idee. Quella cavalcata vale la pena riviverla, alla luce delle difficoltà della politica di oggi, ma in chiave propositiva. Eh sì, perché il primo presidente nero degli Stati Uniti la sua battaglia l’ha già vinta e indipendentemente da come andrà a finire la tanto agognata riforma della sanità, comunque Barack H. Obama passerà alla storia per aver rifiutato lo status quo. Nel senso di una rivincita, di una rivalsa morale.
Riavvolgere la bobina di quella campagna elettorale, come fatto nel volume “Il sogno del Re, 3 gennaio-4 novembre 2008: la migliore campagna elettorale della storia” dall’avvocato Tommaso Di Gioia, è stimolante. Per carpirne sfumature e dettagli e, perché no, per valutare quanto la politica italiana sia drammaticamente ancora indietro, ferma all’età della pietra.
Il libro è un inno alla tattica politica, un approfondimento vissuto in prima persona dall’autore in quelle ore e tra quella folla, per annusare cosa significhino concetti come sagacia e tempismo. E messi in pratica non da un burocrate notabile o dal prodotto della buona società, ma dal figlio di un keniota, di un immigrato. Che dalle nostre parti sarebbe guardato con diffidenza, a cui si chiederebbe conto subito di qualcosa. E a cui nessuno verrebbe in mente di testare proposte e concetti.
Ma dall’altro lato dell’oceano, per fortuna, c’è ancora spazio per quelle rarissime rondini che troneggiano a primavera, e che vengono comunemente chiamate idee e che trovano ampia descrizione nel volume. Come le strategie elettorali di Obama, l’intuizione di investire di più nei distretti con delegati dispari o di puntare alla vittoria nei little States.
E poi la gestione della comunicazione, i rapporti con Nancy Pelosi e Howard Dean. Chissà che qualche candidato alle prossime elezioni regionali, colto da un’improvvisa lucidità, non decida di acquistarlo e magari tragga ispirazione per qualche strategia. Possibilmente vincente.
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