Da Ffwebmagazine del 10/04/10
Coloriamo questa vicenda di oggettività: è l’appello dei periti di parte civile nel presentare la sintesi della perizia sulla morte del 31enne romano Stefano Cucchi, deceduto lo scorso 22 ottobre all’ospedale “Pertini” al termine di una vicenda drammatica. I consulenti Cristoforo Pomara e Vittorio Fineschi hanno parlato di insufficienza cardiaca dovuta a un edema polmonare da trauma, nel corso di una conferenza stampa promossa dal Comitato per la verità sulla morte di Cucchi e dal presidente dell’associazione A Buon diritto Luigi Manconi, alla presenza dei parlamentari Rizzoli, Bernardini e Melis.
Due gli elementi emersi: il riscontro oggettivo delle radiografie effettuate e il supporto di nuove tecniche radiologiche, grazie alle quali si è potuta analizzare la parte anatomica da più angolazioni. La conclusione è che non solo il povero Stefano ha vissuto un’odissea di sofferenze indicibili, ma che il suo quadro clinico era di una chiarezza imbarazzante, come dimostrato dalle cartelle cliniche agli atti. Che non possono essere accusate di parzialità. Secondo il professor Fineschi si può sostenere che la frattura lombare fosse recentissima per l’assenza del callo osseo, che si forma come è noto ben dopo l’eventuale rottura. «Siamo in presenza della frattura alla vertebra L3 di tipo inequivocabilmente acuto e recente, al pari delle tumefazioni al volto».
Proprio a seguito dell’autopsia virtuale si è avuta la conferma di quanto la frattura fosse oggettivamente acuta. Inoltre il carattere oggettivo di tale esposizione è stato evidenziato dai periti, in quanto è solo alla luce di dati acclarati e di risultanze tecniche palesi che si vuol tentare di ricostruire, in modo veritiero e responsabile, cosa accadde quel giorno ad un soggetto che poteva definirsi “deperito” – come ha stabilito l’Organizzazione mondiale della sanità per via dei 52 chilogrammi di peso per 168 centimetri di altezza – ma nel complesso sano e per nulla affetto da alcuna patologia agli organi, particolare rimarcato dallo stesso Fineschi.
In questo senso, propongono i consulenti, sarebbe utile non distinguere nettamente le due fasi della vicenda Cucchi, ovvero la presenza iniziale di lesioni e il ricovero all’ospedale “Pertini”. Ma elaborarle come un continuum, dal momento che sia il trauma in sé, sia la sottovalutazione assurda del quadro clinico, hanno comportato la degenerazione che ha causato il decesso, senza dimenticare che Cucchi avrebbe dovuto essere monitorizzato, oltre a beneficiare di una terapia conseguente. Si provi per un attimo ad immaginare quanto dolore abbia provato il giovane, se (come è stato stimato), l’agonia è durata per almeno sei ore prima della morte.
La frattura traumatica dell’addome infatti, non consente né di camminare né tantomeno di mantenere la posizione supina in un letto. Ulteriori dettagli che lasciano intatte le numerose domande su come tale vicenda possa essersi verificata nel silenzio e nel più incredibile spregio dei diritti dell’uomo. Ma altri dettagli illustrati dalla perizia possono contribuire a fare ancora più luce su quelle ore. In occasione della seconda autopsia, è stata riscontrata la vescica piena ben due terzi oltre la norma. Difficile, asserisce il professor Fineschi, che si possa essere formata nei dieci minuti precedenti alla morte. Altro evento che si inserisce nel panorama generale della vicenda. Secondo il professor Giuseppe Guglielmi dell’Università di Foggia, appare netto il cedimento con dislocazione acuta sporgente nel canale spinale e concausale compressione del sacco durale.«Non vi è alcuna interruzione fra trauma e morte di Stefano - ha detto il professor Pomaro - perché i due elementi sono legati. Non sarebbe morto se non ci fosse stata una condizione di stato». Lo scopo della perizia della parte civile, quindi, è quello di indicare le precise correlazioni esistenti tra fatto traumatico, conseguenze delle lesioni e decesso. A ciò va aggiunta la presenza di forti edemi nella zona che sostiene la parte lombare, che corrisponde all’esistenza di un trauma recente e non datato nel tempo. La frattura, ha sostenuto Pomaro, non va interpretata ma analizzata oggettivamente, come dimostra la richiesta dopo la visita a Regina Coeli delle ore 16,35 di trasferimento immediato di Cucchi in ambulanza perché impossibilitato alla benché minima deambulazione. Inoltre le stesse lastre sono state ispezionate tre volte, da specialisti e consulenti.
Rispettiamo le conclusioni dei pubblici ministeri, hanno ribadito i periti di parte civile, ma di fatto non le condividiamo, in quanto «palesemente difformi dalle nostre che si basano esclusivamente sulle cartelle cliniche e sugli esami radiografici». La perizia vuole essere un ulteriore tassello, asciutto e oggettivo, per guadagnare la consapevolezza dei fatti, imprescindibile per stabilire colpevoli e pene. Perché non è ammissibile che nel terzo millennio, in un paese che si vanta di essere democratico e occidentale possano accadere barbarie come quella che ha avuto protagonista Stefano Cucchi. E in attesa che un minimo di giustizia venga abbozzata, che almeno ci si impegni per dedicare alla sua memoria, così come proposto da Secolo d’Italia e da Mondoperaio, il nosocomio dove si è spento in quella sera autunnale.
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