lunedì 26 marzo 2012

L’Europa? O è Mediterranea o non è. Sì al piano marshall

Quando si parla di piano Marshall per la zona euromediterranea l’interrogativo non è tanto sul sì o sul no verso una simile iniziativa. Da stolti non prendere atto di come a quel disagio non si possa che rispondere con l’arma della solidarietà, senza se e senza ma. La domanda piuttosto è: chi lo fa? E come? Ovvero non sarà sufficiente immettere miliardi di euro, ma ancor più strategico sarà definire priorità e soprattutto attori protagonisti di questo spettacolo. Nella convinzione che potrebbe trasformarsi in un grande evento, perché no, proprio uno spettacolo: rinvigorire il Mediterraneo, sostenere lo sviluppo di quel grande megafono di diritti che sono state un anno fa le piazza nordafricane, come l’occasione per affrontare a viso aperto la crisi non solo economica ma soprattutto strutturale del vecchio continente. Ecco il nodo. Perché l’Europa, o e Mediterranea, o non è. Non c’è scampo per il vecchio continente. A metà strada tra l’eterna vocazione geopolitica (finora solo sulla carta) di molo messo lì in quel grande lago salato, naturale crocevia tra Africa e Oriente; o un vera protagonista, fino in fondo. E grazie a una condotta corroborata da politiche attive e non dettate sempre da altro e da altri. Quale dunque la carta di identità che l’Unione dovrebbe sfoggiare? Umile ma determinata, collaborativa ma non genuflessa alla superpotenza di turno, protesa al dialogo inter-sociale ma conscia della propria storia e del proprio bagaglio di cultura, sin qui poco sfruttato. Per questo un piano Marshall dedicato all’intera area euro mediterranea (con l’Italia al centro, anche grazie alla straordinaria vetrina dell’Expo di Milano 2015) potrebbe rappresentare la vera occasione di riscatto dell’Europa. Con il belpaese a recitare l’intrigante ruolo di grand chief, una sorta di canale di Panama che colleghi idealmente Bruxelles al nordafrica, agli avamposti che si affacciano sulla sponda mediorientale, dove si stanno consumando grandi cambiamenti epocali. Dove la scure dello spread e il rischio default in Grecia vanno ammortizzati non lasciando il popolo ellenico solo, con Israele che va sostenuta nel combattere i rigurgiti antisemiti, con i rapporti iraniani da riequilibrare chiedendo conto a Brasile e Turchia della “sponda nucleare” con Teheran, stemperando i focolai conflittuali, tentando la via della mediazione come fatto anni fa da Bill Clinton a Camp David. E portando in dono un ramoscello di ulivo, non solo titoli di stato da rimborsare o interessi alle stelle da pretendere. Twitter@FDepalo (Al tema sarà dedicato uno speciale sul primo numero del futurista mensile) Fonte. il futurista del 26/03/12

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