sabato 24 marzo 2012

Quando la libertà si fa donna: Anselmi e San Suu Kyi

La peggiore forma di patriottismo, ha scritto Curzio Malaparte, è quella di «chiudere gli occhi davanti alla realtà, e di spalancare la bocca e gli inni in ipocriti elogi, che a null’altro servono se non a nascondere a sé e agli altri i mali vivi e reali». E invece il disagio va urlato, esternato senza remore, i fatti raccontati, i diritti pretesi. Costi quel che costi. In occasione degli 85 anni di Tina Anselmi e alla vigilia delle elezioni politiche in Birmania, a cui parteciperà anche la Lega nazionale Democratica di Aung San Suu Kyi, ecco un interessante volume a cura di Giuseppe Amari e Anna Vinci: Le notti della democrazia (Ediesse editore). Che racconta in parallelo l’esperienza di due grandi donne, Aung San Suu Kyi e Tina Anselmi. La quali, in tempi e circostanze diverse, hanno proiettato il loro sforzo umano e professionale per l’avanzamento civile e democratico dei propri paesi. Si tratta di pagine impregnate di una vera e propria “affinità elettiva” tra due donne che possono essere definite a tutti gli effetti «erasmiane», per usare un termine tanto caro a Ralph Dahrendorf rivolto agli intellettuali e alle persone che hanno «il coraggio della libertà nella solitudine, la capacità di convivere con le contraddizioni, la facoltà di coniugare osservazione e impegno, la passione della ragione».

In apertura il volume presenta una sorta di grande affresco del processo democratico, partendo dall’analisi multidisciplinare del Piano di rinascita di Licio Gelli. L’azione di Tina Anselmi, che era a vertice della Commissione di inchiesta parlamentare sulla Loggia deviata, fu determinante per la difesa della democrazia italiana da uno degli attacchi più insidiosi mossi dal dopoguerra. Anche in politica attiva la sua figura si distinse come ministro del Lavoro e della Sanità sotto il quale fu varato il Servizio sanitario nazionale. Evidenziando al contempo una doppia direttrice, una dimensione marcatamente femminile di resistenza accanto a una di promozione democratica. Su queste basi poggia il parallelismo con la storia di un’altra donna, di altra generazione, fede, cultura, nazionalità: Aung San Suu Kyi che, sotto le note derive di un regime come quello della Birmania, ha rinunciato alla propria libertà personale per dedicarsi a quella generale del suo popolo. Nel volume ampio spazio è dato a testimonianze, inedite in Italia, dei suoi compagni.

E mettendo a confronto vite, ideali e lotte democratiche con quelli di Tina Anselmi, vessillo della Resistenza. Un doppio binario umano che si fa donna, con due volti distanti materialmente, per fasi, snodi e modalità. Ma accomunate da un sottile filo rosso che prende il nome di tenacia, di attaccamento ai diritti: in una sola parola, a quella straordinaria dose di ossigeno che si chiama libertà. Ma nella consapevolezza che non è mai un punto arrivo, non un risultato raggiunto fine a se stesso, da impacchettare e conservare nella vetrina di un museo, buono forse da (far) ammirare. Ma deve essere germoglio da innaffiare quotidianamente, pungolo continuo da inseguire in un moto perpetuo. Perché la libertà non è mai uno stato definitivo, ammoniva Wayne La Pierre, bensì «come l’elettricità la si deve continuare e generare, oppure finisce che le luci si spengono».

Fonte: il futurista quotidiano del 24/03/12

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