mercoledì 2 gennaio 2013

Archiviare diatribe e promesse: spazio alle “ricette” salva Italia

Due mesi, meno di sessanta giorni. Il tempo che condurrà il Paese alle urne è stretto, come stretti sono i margini di manovra per uscire dalla recessione e tentare una ripresa che non potrà essere certo sostituita né con promesse da buontemponi (si veda alla voce “comica” eliminazione dell’Imu), né con programmi cuciti addosso alle coalizioni. Ma si renderanno utili ricette vere e percorsi fattibili per salvaguardare la credibilità internazionale riguadagnata nell’ultimo anno, e far fare uno scatto di reni all’Italia. Sul tavolo dei partiti e delle alleanze, dunque, non un generico elenco di criticità, ma precise deficienze a cui andranno fornite risposte secche e propositive: il popolo delle partite iva, in sofferenza per via della pressione fiscale e di un mercato che ha tirato i remi in barca; le piccole e medie imprese, vero motore italiano che faticano a evitare di chiudere e o a farlo in maniera dignitosa; i comparti produttivi, dal Sulcis all’Ilva, dal Veneto al Lazio, che guardano al futuro non solo con preoccupazione ma con vero e proprio terrore; con la conseguenza chirurgica di licenziamenti tra i lavoratori privati e le discrepanze di quelli della pubblica amministrazione. Un panorama a cui andranno affiancate strategie di crescita che, gioco forza, dovranno passare dalla green economy (ancora non completamente sfruttata su un territorio “amico”, che per l’80% è baciato dal sole), dal settore dell’Ict, dalle nanotecnologie, da quell’idea più volte accarezzata di Silicon Valley del Mediterraneo che potrebbe essere realizzata nel belpaese. 

E ancora, l’economia del territorio, con una salvaguardia ambientale da cui ottenere utili; il sostegno non assistenziale al turismo in chiave culturale, con quell’industria biancarossaeverde che è sede naturale di presenze e visite; l’artigianato italiano, altra eccellenza da non far scomparire anche grazie a interventi nell’istruzione che riequilibrino sfornate di laureati con le esigenze concrete del Paese. Sono solo alcuni spunti da coniugare con serietà e senza slogan demagogici che, se non affrontati con cognizione e risolutezza, avvicinerebbero l’Italia a quel baratro schivato (per ora) dalla Grecia “a guida troika”.
 
Fonte: Italiani quotidiano del 02/01/13
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