lunedì 21 gennaio 2013

Green economy: serve una sacra alleanza tra cittadini, imprese e stati

Come stringere una “sacra” alleanza tra cittadini, imprese e stati per abbattere i costi energetici, inquinare di meno e creare nuovi posti di lavoro? Innanzitutto con la consapevolezza che la green economy non è uno slogan buono, forse, solo per la campagna elettorale. Da promettere, o a cui inneggiare solo a parole. Bensì qualcosa di più. È l’avanguardia della convivenza moderna, l’occasione per il tessuto imprenditoriale di uscire dalle secche della crisi, lo strumento attraverso il quale si garantirebbe “la salute” alla natura in cui viviamo, educando tutti gli interpreti a produrre in modo diverso. Semplicemente perché non è più pensabile proseguire nella direzione attuale, con uno sfruttamento anomalo di risorse che, molto semplicemente, si sono esaurite. È sufficiente pensare che dal 2009 a oggi è stata distrutta una quantità di ricchezza enorme, che l’Asian Development Bank ha stimato in 50 mila miliardi di dollari, la peggiore contrazione del commercio internazionale dal 1945; crollo esponenziale di profitti e investimenti e il maggiore aumento della disoccupazione da decenni, ovvero 205 milioni di disoccupati nel 2010. In un momento in cui nessuna ricetta sembra praticabile sic ed simpliciter, è utile modificare le lenti con cui si osserva il settore industriale. E comprendere come sia giunto il momento di mettere in pratica quella rivoluzione green troppe volte promessa.

Proprio in questi giorni cinque milioni di fondi europei sono stati assegnati al consorzio Arca, l'incubatore d'impresa dell’Università di Palermo e di altri dodici partner istituzionali e scientifici in Italia, Grecia, Francia, Giordania, Egitto e Cipro. L’obiettivo primario è costruire e sperimentare impianti solari a concentrazione, i cosiddetti “poligenerativi”. Che siano in grado di erogare servizi energetici integrati a piccole utenze come edifici pubblici, condomini, residence e piccole e medie imprese. Un piccolo ma significativo esempio di come sia possibile investire concretamente nella green economy, con il doppio vantaggio di preservare l’ambiente da rischi enormi e ottenere uno strumento diverso per affrontare le tenaglie della crisi. Il settore energetico è il vero banco di prova di una politica  nuova e alta, che anticipi le criticità, che preveda con lungimiranza emergenze ed esigenze, che proponga con serietà e senza demagogia nuove soluzioni. Ridurre il consumo energetico utilizzando fonti alternative è possibile: secondo il rapporto pubblicato dalla Fondazione Consumo Sostenibile e da nove associazioni di consumatori, in occasione del convegno sulla Nuova Strategia Energetica Nazionale, presso l’Auditorium del GSE, lo spreco di energia oggi ammonta ancora al 50% dell’energia consumata. La bolletta energetica globale tocca la punta di 102 miliardi annui, di cui ben 47 miliardi sono quelli sprecati per il basso livello di efficienza energetica delle abitazioni, degli immobili pubblici e delle aziende.

Solo un esempio, a cui se ne potrebbero aggiungere di altri. Il pensiero corre alla tecnologia dei motori elettrici che fatica ad essere inserita in pianta stabile nella vita quotidiana dei cittadini; o a politiche di opere pubbliche completamente green, con ad esempio i nuovi edifici di regioni, province e comuni che di legge potrebbero essere progettati già ecosostenibili; o a un sistema di smaltimento di rifiuti che non produca “imbuti” a catena, come la discarica romana di Malagrotta o le periodiche crisi di rifiuti in Campania.

Lo ha detto egregiamente Giacomo Leopardi: “La politica tornerà a essere cosa viva e non morta, o questo mondo diverrà un serraglio di disperati”. Dove quella vita passa senza dubbio da scelte politiche non più procrastinabili e da accelerazioni decise, come appunto la green economy.

Fonte: Agenda del 21/01/13
Twitter@FDepalo

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