martedì 8 gennaio 2013

Ma il cemento di una comunità passa da più diritti

Ha scritto Camillo Benso conte di Cavour che “lo spettacolo di tutti i prodotti dell’umana industria, messi a confronto, non può che far sentire sempre di più il bisogno del governo civile, funzionante secondo i bisogni economici univoci e non contraddittori di ogni contrada e lingua, e rafforzare i sentimenti di nazionalità in Europa”. Come dire che imprescindibile punto di raccordo di tutte le necessità è il fulcro rappresentato dal governo, dalla classe dirigente che amministra e risponde alle istanze, ai bisogni: in una sola parola, ai diritti. E invece sembra quasi che una fetta consistente di esigenze, diversificate e quindi altamente complesse, del Paese vengano riposte in secondo piano. In quanto fastidiose, o forse perché comportano analisi approfondite fatte con numeri e dati alla mano, e soprattutto non possono essere risolte con ricette improvvisate in comizi o talk show televisivi e basta.

Scivoloso e pericoloso aprire dunque un capitolo dei diritti in questa campagna elettorale e con all’interno tutti i sottocapitoli: dai diritti dei lavoratori a prestare la propria opera senza ammalarsi al diritto di fare impresa senza essere sommersi di tasse per far ripartire l’economia; da quello dei cervelli nostrani di non essere costretti alla fuga a quello di chi sceglie di restare in loco ma subisce la mannaia dei baroni; da quello delle nuove tipologie di unioni a quello di chi sceglie la famiglia nel matrimonio; da quello di chi ha idee per innovare ma si scontra con la burocrazia pachidermica a quello dei cittadini di non vedere i rimborsi elettorali utilizzati per lavatrici o lauree “balcaniche”; da quello di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento al diritto di fare le domande a candidati sovente troppo allergici ad inchieste e controverifiche.

Entrare nel merito dei diritti, acquisiti, costituzionalmente garantiti e punto di partenza di nuove convivenze, dovrebbe essere una priorità di intellighenzie e classe dirigente. E non un passaggio secondario a cui dedicare semplici slogan o sbrigativi cinguettii. Ma servirà farlo da subito, nella consapevolezza che non saranno certo una nuotata nello Stretto di Messina o la messinscena di pancia antitedesca a offrire risposte a quesiti specifici e globali. E a indicare nuovi percorsi da seguire per deficienze nate, anche (o soprattutto), da una certa vacatio della politica.

Fonte: Formiche del 8/01/13
Twitter@FDepalo

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