mercoledì 11 novembre 2009

Abdel Aal: «Forse non lo vedete, ma l'Islam sta cambiando»



Da Ffwebmagazine dell'11/11/09

Una fiction sulle reti egiziane tra due mesi, un ciclo di conferenze e presentazioni in giro per il mondo subito dopo. Ghada Abdel Aal, di professione farmacista, è per la prima volta in Italia. A trent’anni e senza averne il minimo sentore, è diventata la scrittrice più famosa d’Egitto. Il diritti del suo primo romanzo, Che il velo sia da sposa, sono stati venduti in Stati Uniti, Germania, Olanda, Polonia e Inghilterra, al Cairo si è già alla settima ristampa di un simpatico libro, nato per caso dalle riflessioni matrimoniali sul suo blog “Voglio sposarmi”. E sì, perchè in Egitto capita spesso che, non appena una ragazza termini gli studi universitari, suo padre si adoperi per cercarle l’uomo da sposare, invitando il prescelto in casa propria. La protagonista del romanzo, Bride, continua a ricevere in casa improbabili pretendenti e le sue sensazioni e perplessità, in chiave ironica e sarcastica, sono il passepartout dell’autrice per scoperchiare una società che sta cercando di migliorarsi, ma che come riflette sinceramente, «in occidente dovremmo imparare a conoscere meglio».

D. Da blog a romanzo, il passo è stato breve.
R. Ho iniziato a pubblicare alcune riflessioni sul mio blog, che è stato visitato da numerosissime persone. Dar Shahrukh, la più grande casa editrice egiziana, ha notato la straordinaria attenzione da parte dei giovani e ha colto questa occasione per collegare i frequentatori dei blog con il mondo delle pubblicazioni cartacee. Così mi hanno proposto di dare un riscontro alle mie emozioni e ai racconti di episodi reali. Ed è nato questo libro.

D. Può uno stile ironico e leggero favorire la comprensione di temi come l’emancipazione femminile?
R. Il diversivo del blog è stato un modo per non rendere il libro troppo drammatico, così da far fluire in modo più semplice e rapido a tutti le mie idee e l’argomento del matrimonio. In un anno e mezzo siamo dovuti ricorrere a sette ristampe, che per l’Egitto sono numeri rilevantissimi.

D. Come è visto il matrimonio dalle sue coetanee? Sogno da inseguire o evento da prendere con più tranquillità?
R. Nel mio paese la donna si sposa perchè è l’unico modo per avere dei figli.

D. Come immagina il suo matrimonio? Ammesso che ci pensi.
R. Lo immagino come preludio ad una vita che sarà molto comica.

D. Nel libro, a un certo punto, sceglie il matrimonio adducendo quindici ragioni legate alle piccole vicissitudini quotidiane: un tentativo di spogliare l’evento da quella pesantezza e da quelle ingombranti aspettative che in alcune società non mancano?
R. Ho voluto soltanto far trasparire che in Egitto le ragazze non chiedono assurdità o non inseguono utopie irraggiungibili, ma le loro aspirazioni sono legate in fondo a cose semplici, che fanno parte della quotidiana convivenza. Non tutte cercano per forza una casa lussuosissima o il principe azzurro.

D. Dopo un appuntamento, la protagonista del libro si chiede: “Come ho potuto rifiutare un buon partito?” Quale la risposta dell’autrice in carne ed ossa?
R. Molte volte la gente si domanda perchè una ragazza dica di no, nonostante magari l’uomo in questione abbia una buona posizione, o svolga una professione interessante e dalle prospettive invitanti. Io dico che questi aspetti, seppure importanti, non sono sufficienti. Non si può affrontare una scelta così importante senza valutare anche altri fattori non materiali.

D. Quanto conta questa libertà di scelta per affermarsi come individualità?
R. In Egitto la libertà per le ragazze di scegliere un uomo non è a lungo termine, anzi, si tratta di una libertà che potremmo definire quasi a tempo determinato, oltre il quale non si può andare. Perchè esattamente un momento dopo il compimento del trentesimo anno di età, la ragazza in questione che non ha trovato marito, è considerata come una fallita.

D. E scegliere, ad esempio, di non scegliere?
R. No, semplicemente perchè ogni donna egiziana ha il sogno di diventare madre.

D. In Egitto dite che il matrimonio è come un’anguria, o rossa e gustosa, o bianca e sciapa. Come immagina il suo?
R. Non lo immagino. So solo che se fosse un’anguria rossa andrebbe bene, ma se fosse bianca, beh, allora sarebbe impossibile da far diventare rossa.

D. Perché solitamente ai bimbi si chiede quale lavoro intendono fare da grandi, mentre alle bambine si finisce per chiedere con chi vorrebbero sposarsi?
R. Ma per il fatto che il matrimonio incarna il fine ultimo della società, e se una ragazza non riuscisse a realizzarlo, diventerebbe agli occhi di tutti una donna a metà. Basti pensare che in Egitto una donna, anche se fosse ricchissima e svolgesse una professione di grande prestigio, anche se fosse primo ministro, sarebbe comunque considerata fallita in assenza di una famiglia, di un marito e dei figli. E la gente la guarderebbe con estremo dispiacere.

D. Perché non iniziare a ignorare tali giudizi della gente?
R. Ci provo, infatti non vorrei mai sentire dentro me stessa l’impeto o l’impulso di sposarmi solo per soddisfare un certo modo di vita impostomi dall’opinione pubblica. In ragione di ciò ho scritto queste pagine, per gridare a tutti che l’unico legame è con la soddisfazione personale. Il matrimonio è per se stessi e non per gli altri.

D. Come far sì che la donna non venga confinata solo nel ruolo di sposa e basta?
R. Un punto di partenza nuovo e dalle molteplici possibilità è proprio il blog. Dopo il mio, se ne sono aggiunti molti altri sulla stessa lunghezza d’onda. Parola dopo parola, commenti postati dopo commenti postati, la gente leggerà ciò che scriviamo, che pensiamo e che vorremmo fare, e quindi inizierà a porsi delle domande. Solo in quel momento sarà possibile comprendere il reale stato delle cose, delle emozioni, dei sogni. Certo, sarà necessario del tempo per incunearsi nelle menti delle persone, ma il difficile è iniziare. In occidente avete un’idea della nostra società vecchia di un decennio. Stiamo cambiando, pian piano, ma credo che gli alcuni di voi non siano interessati a vedere i nostri reali progressi.

D. E come osservare meglio l’oriente, non circa i suoi progressi di oggi, ma verso quelli del prossimo decennio?
R. Con la cultura, confrontandosi con alcune letture, e non con una sola. Non è sufficiente sfogliare un libro sull’Africa per avere la percezione di cosa il continente nero sia. Valutare più opinioni invece serve a comprendere l’essenza dell’oriente, e anche i possibili passi in avanti che farà.

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