Da Ffwebmagazine del 19/11/09
«È arrivato il momento delle nostre idee». Così ha detto Josè Maria Aznar, presentando a Roma il Rapporto di ricerca "Europa: proposte di libertà", uno studio sull’Unione europea promosso dalla sua fondazione Faes (Fundaciòn para el analisis y los estudios sociales), e di cui la fondazione Farefuturo ha curato l’edizione italiana. All’incontro hanno preso parte oltre all’ex primo ministro spagnolo, il presidente della Camera Gianfranco Fini, i ministri Andrea Ronchi e Adolfo Urso, i responsabili esteri delle due fondazioni, Federico Eichberg e Alberto Carnero, oltre al professor Vittorio Emanuele Parsi e al direttore di Aspenia Marta Dassù.
«Le idee hanno precise conseguenze - ha proseguito Aznar - quindi qualsiasi progetto politico senza idee non è altro che un contenitore vuoto». Da qui la rilevanza degli approfondimenti che seguono le idee, cardine di iniziative come la ricerca presentata. Tre le fondamenta dell’Unione Europea: l’attualità della democrazia liberale, concetto che trova esplicazione in tutti i principi che si incentrano sulla tutela della dignità della persona; la pace, che manca se non vi è il rispetto dei diritti; l’economia di mercato, con cui le nuove generazioni potranno sviluppare la propria creatività. Ma la preoccupazione più impellente, secondo l’ex primo ministro spagnolo, riguarda il futuro.
Spazio quindi a politiche lungimiranti, che non siano dettate dalla contingente emergenza, ma che si sforzino di dialogare con la quotidianità in proiezione futura, strutturandosi come iniziative di ampio respiro, che investano risorse ed idee per la progettualità dell’Europa di domani. Elemento che è stato ripreso, e non da oggi, dal presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale ha sostenuto che «sarebbe miope non constatare che, malgrado la strada compiuta, l’Europa degli ultimi anni ha il fiato corto». Urge quindi un’azione concertata allo sopo di rafforzare l’europeismo nei cittadini, per impedire episodi di disaffezione come quelli in occasione del referendum irlandese, olandese e francese. Ecco che in soccorso di un senso europeo che sia radicato e metabolizzato può intervenire la cultura, attraverso un’azione mirata verso i più giovani per stimolarli a riconoscersi in un’identità europea, pur nel rispetto delle singole peculiarità nazionali.
La presentazione del rapporto ha preceduto la sigla di un accordo quadro tra le due fondazioni, al fine di intensificare la cooperazione bilaterale. La visione comune dell’Europa, dunque, è elemento imprescindibile per offrire un futuro alla nostra Unione, ha detto il segretario generale di Farefuturo Adolfo Urso, dal momento che si tratta di un modus operandi che già emerge da precedenti partenariati con la fondazione tedesca Konrad Adenauer Stiftung e con la stessa Faes: «solo un’Europa forte, unita e consapevole del proprio ruolo può incarnare il terzo soggetto della nuova governance globale, accanto a Stati Uniti e alla Cina», ha aggiunto il viceministro.
Certamente si renderanno necessari anche altri spunti, magari in ambito economico, come proposto da Aznar. Il riferimento è a riforme strutturali imprescindibili, che consentano la crescita e che incitino al dinamismo per fuoriuscire dalle secche della crisi. Come ad esempio un limite all’eccessivo deficit e all’indebitamento fuori misura, accanto a due paradigmi indicativi: meno monopoli e più concorrenza; meno protezionismo e più apertura. Un doppio binario che, secondo il presidente della fondazione Faes, potrà venire in soccorso a un’Europa che già deve soffrire per una demografia in declino e per un certo rafforzamento del G2 Usa- Cina.
Introdurre criteri di mercato per ampliare possibilità di sbocchi occupazionali potrebbe essere un’altra strada da percorrere, nella consapevolezza che, come ha sottolineato il presidente Fini, vi è la marcata inscindibilità del processo di integrazione europea dal consolidamento di un forte legame transatlantico. Ecco il superamento dell’agenda di Lisbona, nel suo decennale: la sfida di una nuova strategia che miri a rafforzare ulteriormente l’Europa per far sì che «diventi finalmente la più competitiva e dinamica economia della conoscenza del XXI secolo».
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