Da Ffwebmagazine del 26/11/09
Il poeta è in esilio? Ama le numerose città che visita, Retimno, Roma, Napoli, Sidney, Catania, Palermo, Mosca, Venezia. Ma in fondo non amandone nessuna in particolare perché tutte si fondono in un unico grande agglomerato. Circumnaviga tessuti urbani e strati trasparenti di persone ed emozioni, spazia lungo latitudini che in seguito si uniranno grazie a puntini invisibili, trasfigura città su nomi di donne tutti stranieri, cerca nascondigli e chiede protezione. E poi il buio che dice più del bianco, rassicura perché non è fonte di minaccia, come accade anche nella pittura.
Michalis Pieris, poeta e letterato cipriota, affronta un viaggio lungo, circolare, intenso, anche grazie alle sue poesie e, in questo, intende superare Ulisse. Perché non ha nostalgia della sua Itaca, che sarebbe incarnata in Eftagonia, il piccolo paesino dell’isola di Cipro che gli ha dato i natali, e che in italiano sta per sette angoli. No, qui Pieris viaggia di continuo e senza nostalgia in un grande mare aperto, perché tutte le città che tocca e nelle quali si insinua diventano un unico luogo dove ritrova l'essenza stessa della vita. Abbracciando idealmente strade, case, parchi, fiumi e laghi. Perché abitare uno spazio, vuol dire chiedergli rappresentanza. Una, dieci, mille rappresentanze. E poi affogarle nella gaiezza del luogo diverso, nella novità estemporanea che, in virtuù della sua peculiarità, compone il nuovo e arricchisce il nocciolo di partenza.
«Voglio una città che mi nasconda, che sia accogliente», − recitano i versi di Una città inseriti nell’affascinante raccolta intitolata Metamorfosi di città − dove pone l’accento sui pezzi ideali, urbani e mentali che vorrebbe staccare da ogni dove. «Una città più adatta a una vita segreta − prosegue − che complotti, che esploda e si lasci trascinare, che si apra e copra misfatti con il suo bell’aspetto». Ed ecco la bellezza che, come un sole frenetico nelle prime giornate di primavera, trionfa sulla scena in modo preponderante. È il binomio viaggio e bellezza. Non solo assenza di reticenza nel chiedere amore, protezione, familiarità, complicità alla città o forse alle città. O forse a nessuna in particolare. Ma bellezza, meraviglia, entusiasmo, affiancando le città, e quindi il mondo, a visi angelici di donne, ai loro sguardi intriganti rivestititi di passione e sensualità.
La città cretese di Retimno, splendido esempio di influenza veneziana testimoniata da castelli e fortezze, è stato il suo primo approdo. Vi avvia la carriera universitaria ed è lì, tra incroci storico-culturali variopinti e profumi intensi di cui Creta è portatrice sana, che incuba il suo viaggio. I sonetti dedicati alle città assumono quindi le vesti di progetti ambivalenti: la città è donna, e la donna è città. Un’emozione che diventa presto allucinazione, anche grazie al fatto che le poesie cipriote sono scritte in dialetto, ma non quello popolare bensì quello colto, così come nell’Italia del ’500. Pieris nelle sue opere non cita letterature, ma semplici esperienze di vita, si spoglia della veste accademica per farsi uomo. Una notte trascorsa nelle viuzze di Palermo, tra gli odori di fritti, e tra le mille contraddizioni di Napoli con le sue donne-apparizioni, la sua sporcizia, le sue parole in greco, pronunciate a Spaccanapoli, nelle cui viscere si trova un treatro greco, a significare la storia più profonda di ognuna di queste città. Oppure ore intere trascorse a leggere le pagine di un grande autore con il quale dialoga idealmente.
Improvvisamente i singoli luoghi diventano uno, formando un paesaggio mitico, che culmina nella ricerca della nostra volontà, un’Itaca nuova per certi versi, diversa. È il dramma interiore dell’uomo contemporaneo, con l’improbabile esistenza di una sola Itaca. I versi di Una città continuano implorando «firme sconociute, bei posti da visitare ogni sera. Una città che riscaldi, si commuova, consoli e sia tepore della mia mente». La confidenza con cui si rivolge alle singole città emerge da precise scelte di vita. Infatti ha abitato dentro molte città, mettendo mano all’interno degli strati urbani, negli impasti di storia. Pieris riprende spesso altri grandi poeti ellenici, Kavafis, Sinopoulos, e in passato ha portato in scena anche Mahiaras con trasposizioni teatrali. Il nome del suo paesino, Eftagonia, è stato anche il suo pseudonimo nei primi scritti, a testimoniare un legame non solo con il luogo d’origine ma con il nome assolutamente peculiare. Eftà gonia, sette angoli, quindi non uno. Sette vite, sette anime, sette sogni, sette aspirazioni. Un punto di partenza che è già poliedricità, multiforme e plurianime. Sta tuttta qui l’essenza e l’ampiezza di questo poeta mansueto e docile, per nulla intimorito dagli eventi storici che nel passato e nel presente hanno interessato Cipro. E forse per questo già pronto a proiettarsi nel domani, nel nuovo viaggio che verrà. In altre città a cui chiedere confidenza e protezione, con cui bisticciare e poi riappacificarsi. In altri tessuti urbani dove rintanarsi e dove insinuarsi, in una sorta di limbo di intima quotidianità. In un mare aperto.
Nessun commento:
Posta un commento