martedì 3 novembre 2009

Treccani, Gentile e l'Enciclopedia: quando la cultura non e`impresa



Da Ffwebmagazine del 03/11/09

Quando Giovanni Treccani nel 1898 rientrò in Italia dopo essersi specializzato in Germania all’istituto tessile di Krefeld, aveva ben chiaro in mente non solo quale sarebbe stata la sua occupazione, ovvero fare l`industriale, ma soprattutto quale apporto avrebbe offerto al suo paese. Donare cultura ai posteri, cementare il sapere nelle fondamenta di quell’Italia, sfidare consensi e mugugni. Insomma: dare futuro alle menti che vi si sarebbero abbeverate. Perché, sosteneva, solo chi detiene la ricchezza ha il compito di produrre cultura per gli altri, accollandosi personalmente il rischio di quell’esposizione economica.

Così nacque la più grande impresa culturale italiana del novecento, l’Istituto Giovanni Treccani per la pubblicazione dell’Enciclopedia, dall’incontro tra un facoltoso industriale di Montichiari e il filosofo ministro dell’Istruzione, quel Giovanni Gentile così distante da Treccani per origine e formazione, l’uno settentrionale e votato agli affari, l`altro siciliano e tempio di meditazione e di studi. Ma al contempo accomunati dall'amore per la cultura, per quella cosa emozionante e multiforme che rappresenta un investimento a lungo termine per le nuove generazioni.

Una pellicola, prodotta in collaborazione con l'Istituto Luce e per la regia di Andrea Prandstraller, ripercorre la vita di Treccani, sulla falsa riga di un diario che egli tenne in occasione della nascita del suo primo figlio e che il nipote Andrea ha recentemente riletto e da cui e`scaturito un viaggio indietro nel tempo. In un`Italia a cavallo fra le due guerre, eccitata dalle prime grandi aziende industriali, come il Lanificio Rossi di Vicenza, dove Treccani scalò rapidamente posizioni sino a diventare un fedelissimo della proprietà, oppure come il Cotonificio del Ticino che, in grave difficoltà finanziaria, egli riuscì a salvare trasformando i creditori in azionisti. Sino a quella che si potrebbe definire la pietra miliare di questa nobile anima della cultura. Giunto a Roma per dare il via al suo progetto con in tasca alcuni milioni, fu convinto a utilizzare quei soldi per acquistare a Parigi una copia della Bibbia di Borso d’Este, per la quale impiegò cinque milioni di allora e che immediatamente dopo donò all’Italia come testimonianza di rispetto che un privilegiato come lui aveva della sua missione: diffondere la cultura, e che gli valse la reprimenda del suo banchiere francese che, allibito dal gesto, gli disse: «Monsieur, vous etes fol?».

Ma cosa rappresenta oggi la Treccani? L’unico istituto il cui presidente è nominato dal capo dello Stato, a sancire un luogo dove si pensa e si crea cultura grazie a strumenti critici, per un qualcosa che va al di là dell`immediato. L’Istituto, a differenza di una semplice casa editrice, non deve obbedire al mercato o al tracciato delle copie da vendere in base al gradimento del prodotto. Bensì ha come scopo ultimo e solo la cultura, senza fine di lucro e senza altri obiettivi se non quelli di testimoniare significati e concetti. «Compito della Treccani - aggiunge Tullio Gregory, accademico dei lincei da tre decenni nell`isituto – è fare cultura, non impresa», senza quindi trasferire i parametri dell’audience televisivo all’interno di una cultura che invece esige punti fermi. E che può vantare l’intenzione del fondatore.

Come una morsa interiore, che si insinuò nelle membra di Treccani, e che lo prese per mano conducendolo verso la creazione di un pezzetto di storia di questo paese, per raccontare ad altri quella storia, per diffonderla, per irrorare di nozioni i cittadini. Per riempire i vuoti che c’erano allora e che spesso appaiono ancora oggi, per tracciare una linea netta e ben visibile, e dichiarare apertamente il proprio scopo, senza altro fine se non quello del contributo alla società.

Una lezione che proprio negli ultimi giorni è stata, se non travisata, quantomeno lambita dalla proposta di voler procedere attraverso il sistema del call for papers, ovvero in virtù di ristrettezze economiche, avvalersi di contributi volontari tramite la rete per comporre i nuovi filoni dell`Enciclopedia. Una deriva che però si pone agli antipodi di quello spirito che il 18 febbraio del 1925 pervase le scelte di un industriale italiano, figlio non certo di industriali, ma di quel ceto medio che gli consentì quantomeno di formarsi. E grazie al quale Giovanni Treccani, poco avvezzo agli sprechi ed agli sperperi, iniziò un cammino virtuoso che lo condusse ad un successo che non fu fine a se stesso e fonte esclusiva di celebrazioni e trionfi, ma punto di partenza che gli consentì di ridare al paese ciò che il suo lavoro gli aveva donato. Ma rischiando di suo, investendo risorse personali, come quando all’indomani del crollo delle borse nel 1929, impegnò con l`Ina due suoi fabbricati romani ottenendo dieci milioni, utili a completare l`opera enciclopedica prodotta in venticinquemila copie.
Altri tempi, altri uomini, e soprattutto altre idee.

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