lunedì 23 novembre 2009

Pensiero e azione: una fusione पैर il futuro del paese


Da Ffwebmagazine del 22/11/09

Pensare e fare dovrebbero essere fusi in un unicum. Perchè aspettare che una proposta, o un’intuizione, trovi attuazione, significa oggi arrivare fino fino al punto in cui diventa anacronistica. Semplicemente, è questioe di mancanza di tempismo, in assenza del quale si alimenta sempre più quel corto circuito che, poi, fa precipitare il paese in fondo alle classifiche europee e mondiali.

Il tema della velocità dei cambiamenti è stato al centro del Barcamp della Luiss, un esperimento socio-culturale distribuito in otto sessioni specifiche. È stata anche la prima occasione per far interfacciare i think thank del paese: Arel, Farefuturo, Glocus, Fondazione Sussidarietà, Magna Charta, Mezzogiorno Europa, 360°, Italia Futura e Italianieuropei. Una vera e propria vetrina multipartisan e decisamente aperta anche a studenti e a semplici interessati, per un’analisi congiunta sulla velocità dei cambiamenti, sugli spazi d'azione e sui tempi di reazione di partiti e istituzioni.

Collegare, dunque, l’impianto paese alle nuove esigenze. Ma come? Un primo passo è stato compiuto. La voce delle fondazioni culturali, che fanno analisi politica e sostengono con spunti e idee il dibattito politico, non deve fermarsi alla semplice “presenza”, per quanto costante e proficua. Perchè non prevedere un maggiore raccordo con le istituzioni? Perchè non veicolare quelle proposte e quelle valutazioni ai piani alti dello stato, così come fatto ad esempio da Farefuturo e Italianieuropei in occasione del meeting di Asolo sull’immigrazione? Questo potrebbe produrre una velocizzazione maggiore nell’intrecciare, concretamente e in tempo reale, le idee con le effettive necessità. Una sorta di conferenza stato-fondazioni, ma che non si risolva nell’ennesimo tavolo tecnico caratterizzato da prese d’atto e da promesse, seppure in buona fede. Che sia, piuttosto, braccio operativo delle menti. Che sia soggetto attuatore - in tempi rapidi - di ciò che è in agenda, ma anche di ciò che in agenda non è ma che è utile a far ripartire il paese.

Ad esempio: proporre di installare pannelli fotovoltaici su tutti i palazzi pubblici d’Italia (comuni, province, regioni, tribunali). E senza attendere la burocrazia nostrana, che per concedere nulla osta, autorizzazioni e vidimazioni varie, sarebbe capace di far slittare i tempi anche di alcuni anni, rendendo l’idea vecchia e quindi inutilizzabile. O procedere a una revisione della legge sul fine-vita che protegga il diritto alla vita ma anche la libertà dei singoli individui, senza spaccare il paese come sul caso Englaro. O accelerare la modifica per concedere la cittadinanza e il diritto di voto a quegli immigrati che hanno completato un ciclo di studi e che nei fatti sono già perfettamente integrati in Italia, senza attendere che diventino cittadini della terza età.

Se le idee non mancano, e lo certificano, ad esempio, i successi dei ricercatori italiani impegnati all’estero, o le iniziative funzionali che spesso purtroppo non fanno notizia, ciò che latita è la parificazione della politica alla velocità del mondo, dove per velocità è da intendersi una serie di temi specifici.

Le istanze dei singoli individui: si pensi al mondo dei social network, dove tutti, grandi e piccoli, possono esprimere pensieri e bisogni e dove quindi la politica può intercettare – ma non lo fa- il malessere; ma proprio i singoli non hanno modo di dialogare direttamente rendendo palesi le proprie idee. E sarebbe utile farlo dal vivo, quindi non solo in rete, ma guardandosi in faccia, come nell’antica agorà ateniese. Una sorta di forum permanente tra politica e laos, per far sentire la presenza della politica nell’intimità di un cittadino sempre più sfiduciato.

Il mutamento delle tipologie occupazionali: altro che mito del posto fisso, la crisi ha prodotto una selezione naturale del “job”, quindi non è più proponibile un modello lavorativo come quello dell’ultimo trentennio. La politica dovrebbe sostenere i giovani nelle scelte, questo lo si promette da sempre. Ma anche proponendo un monitoraggio del panorama occupazionale, incentivando professioni di cui vi è effettivo bisogno e magari evitando di avere migliaia di laureati in lettere o materie giurisprudenziali, che, a oggi, soffrono più di altri la difficoltà dell’indotto.

Approfondire la velocità dei cambiamenti: deputati e senatori potrebbero dedicarsi non solo a legiferare, ma anche ad analizzare tendenze e possibili criticità. E ciò in virtù dello stato di emergenza assoluta in cui versa il paese, a causa di una politica che di fatto si è sedimentata attorno a circuiti standard, ingessati e poco propensi all’elasticità decisionale.

Intercettare le possibili vie di fuga: nessuno dispone della bacchetta magica, questo è ovvio, ma una politica che non abbia il fiato lungo e che non programmi con lungimiranza esigenze e cambiamenti sociali, è destinata a produrre cattivi frutti. Si pensi alla questione dell’immigrazione e della cittadinanza, materia nella quale l’Italia si trova già in colposo ritardo e per la quale sarebbe utile una corsia preferenziale per legiferare bene e in poco tempo.

Alla luce di tali valutazioni, appare evidente come l’apporto delle fondazioni possa contribuire affichè la politica si velocizzi. Ma questo potrà essere fatto per quanto concerne le idee, la loro strutturazione e gli obiettivi che si vuol perseguire e non circa le procedure, che la politica ha l’obbligo di rivedere autonomamente. Ma potrebbe anche innescare uno stimolo nuovo, così come avviene nel resto d’Europa e negli Stati Uniti. Stimolo perchè la politica italiana si guardi allo specchio, e prenda atto del fatto che viaggia ad una velocità inferiore non solo alle esigenze del paese, ma soprattutto ai cambiamenti mondiali. E, responsabilmente, o si prepari ad evolvere drasticamente adeguandosi a tempi e modi, o più semplicemente, sostituisca gli ingranaggi obsoleti.

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