Da FFwebmagazine del 24/04/09
Non solo un antifascista, ma portatore sano di una laicità vera, e anche un antigolpista, come dimostra l’inserimento del suo nome nella lista dei 700 “enucleandi” da parte dei seguaci del generale De Lorenzo. Elio Quercioli, comunista, riformista e personalità molto incline al dialogo, iniziò l’attività politica poco più che quattordicenne, quando con alcuni compagni di scuola del liceo “Manzoni” iniziò a maneggiare i primi volantini in difesa della pace. Giornalista, sposò Mimma Paulesu nipote di Antonio Gramsci, fu direttore de La Voce Comunista e de L’Unità, si caratterizzò non solo per la spiccata propensione verso i temi dell’informazione e dei media, come dimostrato dall’apporto in sede parlamentare, ma soprattutto per la fitta rete di contatti di amicizie che riuscì a tessere, dagli avversari politici fino a mondi ideologicamente ai suoi antipodi, come banchieri e borghesia milanese.
È grazie alla sua figura che nel capoluogo lombardo venne costruito un legame tra Pci e Psi, utile per governare in Giunte dove si realizzò nei fatti l’unità delle sinistre. L’ex sindaco di Milano Tognoli, del quale fu vice dal 1980 al 1985, lo definì un esponente dell’incontro tra comunisti, socialisti e socialdemocratici, fautore «di un riformismo attento al nuovo ed all’evoluzione in atto, moderno e moderato, gradito al mondo del lavoro e ai ceti medi».
Nacque a Milano il 14 settembre del ’27, in via Solari, nel quartiere operaio dell’Umanitaria, da lui stesso definito «quartiere operaio modello con 230 famiglie, asili collettivi, biblioteca, cooperativa, teatro». Nel ’43 si iscrisse al Pci e a soli 17 anni si ritrovò al comando di un distaccamento Sap della 113a Brigata Garibaldi a Milano, soffrendo anche il carcere a san Vittore per due mesi. Dopo la liberazione si dedicò in toto all’attività politica, sacrificando per questo anche gli studi in medicina. Nella sua carriera ricoprì vari incarichi dirigenziali del Pci, da segretario regionale in Lombardia, all’inizio del ‘60 e dal 1970 al 1976, a membro della Direzione nazionale fino al 1980. In seguito in diversi organismi, fino all'ultimo nella federazione milanese Ds, ovvero presidente del collegio dei garanti.
Una delle sue passioni fu la comunicazione, alla quale dedicò non poche energie, non soltanto come giornalista (fu capocronista del L’Unità a Milano tra il ’60 e il ’70) ma anche come deputato (per quattro legislature), sedendo sulla poltrona di vicepresidente della Commissione parlamentare di vigilanza del sistema radiotelevisivo, risultando promotore di una serie di iniziative a tutela della qualità dell'informazione nel servizio pubblico, e della regolamentazione dell'intero sistema informativo italiano, pubblico e privato. Fu proprio in quegli anni, occupandosi di riforma dell’editoria, che venne individuato come obiettivo dal terrorismo, assieme al compianto Walter Tobagi.
Quercioli fu definito “uomo delle istituzioni”, per questo gli furono affidati prestigiosi incarichi nel campo della cultura e dell'informazione, della presidenza del Consiglio, e come questore della Camera sotto la presidenza Iotti. Inoltre fu membro dell'Anpi, presidente dell'Istituto di storia della Liberazione, consigliere comunale di Milano dal 1960, e vicesindaco dal 1980 al 1985. Riteneva il dialogo e il rispetto nei modi di fare la stella polare dell’azione politica: è così che si spiegano numerosi rapporti di lavoro che si sono in seguito evoluti in amicizia e stima, con personaggi del calibro di Strehler, Abbado, Rizzoli, Sechi.
Nel dicembre del 2008 gli è stata intitolata una fondazione (http://www.fondazioneelioquercioli.net/), che ha l’obiettivo di ergersi a punto di riferimento delle istanze riformiste all’interno di quel grande contenitore che è la sinistra-socialista europea.
È scomparso a Milano il 4 febbraio del 2001, curiosamente nello stesso giorno in cui si è spento un altro antifascista, Iannis Xenakis, compositore, architetto, ingegnere greco naturalizzato francese, che prese parte alla Resistenza durante il secondo conflitto mondiale, prima di trasferirsi a Parigi e iniziare a collaborare con il grande Le Corbusier.
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