giovedì 16 aprile 2009

PER AIUTARE I TERREMOTATI NIENTE TAGLI AL VOLONTARIATO

Da FFwebmagazine del 15/04/09

Si discute ancora sulla destinazione del cinque per mille delle associazioni di volontariato a sostegno delle vittime del terremoto in Abruzzo. Mentre il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, dichiara che «non si toglie nulla al volontariato» ma «si dà in più, una causale in più e soldi in più: quindi non soldi in meno al volontariato, ma soldi in più per il terremoto» e sottolinea che quel contributo non è un «fatto quantitativo ma simbolico», perché questo non è lo «strumento per aiutare a ricostruire», il mondo politico intanto si è mobilitato esprimendo un dissenso bipartisan sulle voci di un possibile utilizzo del cinque per mille per la ricostruzione in Abruzzo. Da destra a sinistra è arrivata, infatti, una nota congiunta di Maurizio Lupi, Ugo Sposetti, Vannino Chiti e Maurizio Gasparri, primi quattro firmatari della proposta di legge sul 5 per mille alla Camera e al Senato. E il dissenso, naturalmente, arriva dai diretti interessati, gli operatori dell’associazionismo, una realtà che non sempre ha vita facile dal punto di vista dei fondi. Il cinque per mille, infatti, aiuta le organizzazioni di volontariato e le onlus a sopravvivere e a sostenere le proprie attività. Privarle di quei soldi sarebbe come fare una guerra tra poveri. Per il Coordinamento dei Centri di volontariato non si può far pagare la ricostruzione ai poveri, e lo stesso Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore, in questo modo si eliminerebbe anche il principio di sussidiarietà in base al quale spetta al cittadino, e solo a questi, stabilire quale organizzazione della società civile sostenere. D’altronde, le associazioni del Terzo Settore, dalle quali si vorrebbe decurtare il cinque per mille a loro riservato ad appannaggio dei terremotati d’Abruzzo, sono le stesse che in questi dieci giorni di emergenza umanitaria hanno prestato efficacemente la propria opera in quelle zone: in base a quale criterio creare un corto circuito di queste dimensioni, anziché prevedere soluzioni alternative? Con quale utilità innescare un inutile meccanismo, non tanto di risentimento quanto di sorpresa, per dare vita a un provvedimento che potrebbe non contribuire alla soluzione del problema ma, se possibile, determinarne un altro?Forse non saranno molti quei 360 milioni di euro, del fondo globale del cinque per mille iscritto a bilancio, a fronte dei dodici miliardi paventati dal Viminale per la ricostruzione, ma si tratta pur sempre di risorse con le quali le numerosissime associazioni di volontariato garantiscono un sostegno vero a una serie sterminata di realtà del territorio che necessitano costantemente di aiuto.Al momento le istanze di aiuto vertono sul contributo in danaro della Cei, sulle uova di Pasqua papali, sui viveri della Caritas, sulle collette nelle parrocchie, sulle migliaia di donazioni effettuate via sms o tramite i conti correnti predisposti da diversi soggetti, come squadre di calcio e singoli individui. Tutte lodevoli, ma ovviamente tutte migliorabili dal punto di vista sostanziale, certo non attingendo da chi proprio non è in condizione di fare di più.Per non parlare dei dubbi sull’efficacia del provvedimento, se si pensa che il terzo settore attende ancora oggi i contributi relativi al 2007. Procedere al prelievo del cinque per mille per il terremoto sarebbe significato, secondo Olivero, che le risorse destinate in queste ore sarebbero giunte nelle zone del terremoto dopo due anni, portando con sé l’interrogativo su quale senso potrebbe avere un simile modus operandi in chiave di politiche ricostruttive.

Più consona, in termini di logica attuativa e di benefici reali, l’iniziativa del presidente del Senato Schifani, grazie alla quale ogni senatore devolverà mille euro, attingendoli direttamente dalle singole indennità: un modus operandi che, perché no, si potrebbe applicare da subito anche ad altre figure, come ai sindaci dei grandi comuni d’Italia coinvolgendo l’Anci, ai consiglieri e governatori regionali, agli alti magistrati e presidenti di corte dei Conti, di Cassazione, Csm.

Un esempio certamente edificante e di notevole spessore istituzionale e umanitario, in virtù del fatto che sono proprio le alte rappresentanze di un paese che hanno l’obbligo morale di scendere in prima linea, per offrirsi come “scudo dinanzi al fuoco nemico”, per usare un eufemismo vecchio nel tempo, sostenendo in questo modo, grazie al proprio status di privilegiati, chi versa in difficoltà e non richiedere un ulteriore sacrificio a chi, già ogni giorno, quella prima linea l’ha fatta propria, senza soste pasquali, natalizie, o estive.

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