giovedì 23 aprile 2009

SE IL KEBAB E LA PIADINA DISTURBANO LA QUIETE NOTTURNA



da FFwebmagazine del 23/04/09

Ha un senso oggi perseguire l’ordine delle caserme, imposto contro la libertà dei singoli? O forse sarebbe meglio ragionare su un ordine diverso, più intimo, quello racchiuso nell’anima di una società coesa? I principi vanno imposti o fatti valutare e in seguito liberamente acquisire?

Tre giorni fa il consiglio regionale lombardo su input della Lega ha approvato una legge che impone ai locali take-away (kebaberie, pizzerie, gelateria e piadinerie) di chiudere un’ora dopo la mezzanotte, punendo con una multa chi consumerà suddetti cibi sui marciapiedi all’esterno. Il provvedimento, nelle intenzioni, vorrebbe tutelare la quiete pubblica e il rispetto dell’intera cittadinanza. Un’altra legge, nel paese delle infinite leggi, per ricordarci che è nostro dovere non fare baccano di notte stringendo un kebab in mano? La questione è quantomeno singolare: già l’art. 659 del codice penale punisce “il disturbo del riposo e della occupazione delle persone”, con riferimento a rumori provocati nell’espletamento della propria attività. Beh, forse questo articolo del codice penale sarà sembrato a qualcuno incompleto, o meritevole di un ulteriore provvedimento così restrittivo contro una seria minaccia alla quiete pubblica delle città lombarde: la fame notturna.

Lungi da noi voler filosofeggiare su kebab e affini, ma fa sorridere vedere un’assise regionale di queste proporzioni, tra mille problemi legati alla crisi economica, ai provvedimenti sugli ammortizzatori sociali tanto per citare due esempi, impegnata in una questione di gusti e di libertà alimentari. A chi non è mai capitato di avvertire un languorino a tarda sera, magari dopo un bel film al cinema o dopo uno spettacolo teatrale? A chi questi luoghi e questi sapori, tanto semplici quanto speziati, non rammentano piacevoli e indimenticate vacanze mediterranee? Niente di tutto questo, pare dire la nuova legge regionale: ai cittadini lombardi toccherà consumare determinati cibi entro determinati orari, come si faceva durante il servizio di leva. E che nessuno provi a fiatare.

È un brutto sogno? O ci stiamo trasformando in uno di quei paesi a basso quoziente democratico dove i cittadini sono rappresentati come birilli perfettamente in ordine e vestiti tutti allo stesso modo, pronti a recitare “signorsì”? Viene in mente una canzone di Edoardo Bennato: «In fila per tre, marciate tutti con me e ricordatevi i libri di storia, noi siamo i buoni e perciò abbiamo sempre ragione, andiamo dritti verso la gloria», dove sprovveduti bambini “bravi e che non piangono mai” sono issati a esempio civile per altri che forse manifestano piccole perplessità. Ma che bel modo di educare i cittadini. Che edificante spirito di gruppo proprio da paese civile e moderno, come amiamo definirci in occasione dei grandi appuntamenti pubblici.

Parafrasando don Chisciotte della Mancia verrebbe da dire che «la libertà è il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini», mentre Bettino Craxi più recentemente disse: «La mia libertà equivale alla mia vita». Ma non sarebbe il caso di scomodare illustri nomi se non si avvertisse nell’aria una sorta di richiamo all’ordine, concretizzato in un fischietto o in un corno da caccia che vuol chiamare a raccolta la gente per dare direttive e impartire comandi. Curioso che la legge in questione sia stata promulgata a pochi giorni dalla festa della Liberazione del 25 aprile, ma forse tanto curioso non è, se si riflette sulla mano che l’ha scritta e firmata. Ma tant’è.

Insomma, gente lombarda, adolescenti, universitari, impiegati, semplici cittadini: se per caso a fine serata foste colti da un raptus improvviso di fame notturna (pericolosa patologia, al momento all’esame di un pool di ricercatori padani) e decideste di lasciarvi andare a una delle consumazioni di quelle citate sopra, rammentate che “quei” deliziosi cibi potrebbero costarvi caro, magari quanto un tartufo bianco da un chilo.
La soluzione? Bennato nella coda della sua canzone dice: «E se proprio non trovi niente da fare, non fare la vittima se ti devi sacrificare, perché in nome del progresso della nazione, in fondo in fondo puoi sempre emigrare». Siete pronti a varcare i confini regionali per dare sollievo ai vostri stomaci?

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