Da Ffwebmagazine del 18/09/09
È tempo di campagna elettorale in Germania, quel tempo in cui, per consuetudine che è ormai quasi legge, l’avversario politico si trasforma addirittura in nemico. E fioriscono polemiche, critiche, attacchi, malignità persino, con un rigore inimmaginabile in altre stagioni. Ma Angela Merkel no. Per lei non funziona così. Lei resta imprendibile e inattaccabile, persino per il re delle parole e delle polemiche Günter Grass, il premio nobel più “pesante” di Germania, la voce più alta, intellettualmente parlando e non solo, della campagna elettorale Spd. Lui, strenuo sostenitore del suo partito in un momento oggi di difficoltà quasi drammatica, come già quarant’anni fa, per la sua parte politica tenta di alzare i toni del confronto, pronto alle polemiche più micidiali. Ma sulla cancelliera, neppure una parola. Nessuno riesce a scalfirla.
Perché Angela Merkel ha fatto una rivoluzione: quella della dignità del moderatismo come metodo di arte politica, una rivoluzione socio-culturale che fa della sobrietà e del dialogo i propri punti cardine, lontani anni luce dal muro contro muro e da quella contrapposizione da caserma che fa male alle democrazie, spiegata in un volume dall’economista Veronica De Romanis (Il metodo Merkel, Marsilio 2009). Il metodo Merkel è tanto semplice quanto raro e consiste in una raffigurazione del leader talmente reale e spontanea, da risultare vincente e credibile: un leader che investe massicciamente in concetti ormai datati dalle nostre parti, come spirito di servizio e politica dei piccoli passi.
Quattro i pilastri alla base del metodo della cancelliera: il pragmasitmo che le è dato dall’essere nata a est; la scientificità nell’applicarsi in maniera non superficiale alle problematiche, dovuta al fatto di essere un fisico; la strategia, tipica di chi fa ricerca, anch’essa riconducibile alla sua professione; l’autenticità, fattore quanto mai determinante, in contrapposizione al presentismo esasperato e ad una cultura votata masochisticamente ai contenitori piuttosto che ai contenuti. La somma di tali peculiarità ha portato la Germania a un risultato che rimarrà impresso nei libri di storia, ovvero avere la prima cancelliera della storia, oltre che aver portato a un esperimento politico, la grande coalizione, osservato attentamente anche da altri governi europei. Senza dimenticare che in quel paese sono stati proprio i governi multicolore come quest’ultimo ad avere proposto e realizzato le riforme, senza dubbio più degli esecutivi monocolore.
Una grande mamma insomma, una figura che abbraccia idealmente il suo paese, perché saggia nell’imparare dagli errori del passato, e disinteressata a una politica comunicativa che entri prepotentemente nelle case dei suoi elettori (da qui la quasi totale assenza di messaggi televisivi e di iniziative mediatiche invasive). Ma ciò non significa che la figlia di un pastore protestante non sia caratterizzata da decisionismo. Ad esempio come non ricordare il suo articolo, scritto prima della sua elezione, per il principale quotidiano tedesco, nel quale affermava apertamente quanto l’ex cancelliere Helmut Kohl fosse inadeguato a guidare il paese. Una dimostrazione, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che le quote rosa non sono un argomento proponibile, semplicemente perché quando una donna vale riesce a farsi largo con le proprie forze, dal momento che la politica non deve essere a priori maschia o femmina, come vorrebbe intendere qualcuno, ma solo interpretata da individui capaci di mettere a disposizione la propria buona volontà.
Con uno stile rigoroso e mai fuori dai canoni del rispetto e della civiltà, Angela Merkel è riuscita a incarnare l’immagine del suo paese. Austera ma disponibile, riservata ma pragmatica, dimessa ma attenta. Piace perché si presenta come appare, senza artifici, capace di interpretare al meglio l’ambiziosa sobrietà che la rende veritiera perché simile alla gente, perché non appariscente, perché oltremodo credibile in quanto figlia di quella Germania che ha faticato nello sgretolare un muro ed erigere finalmente ponti. Ascoltatrice incallita, la cancelliera che si appresta a chiedere nuovamente il voto ai cittadini tedeschi, non decide mai all’istante, ma riflette attentamente. Cuce e non strappa, armonizza e non scompagina, facendo dell’assenza di un certo carisma costruito, quindi fasullo, il proprio elemento di forza indiscusso. Il tutto saggiamente ricamato dalla penna di un’economista, che per la prima volta si cimenta in un testo non accademico.
Veronica De Romanis infatti è stata impegnata negli ultimi due lustri nel consiglio degli esperti del ministero dell’Economia, prima di trasferirsi a Francoforte. Dalla postazione tedesca in loco, è così riuscita a tratteggiare un ritratto di non semplice definizione, ma che ha avuto il merito di svelare per primo la personalità e le attitudini di una delle donne più potenti al mondo. Sui palcoscenici internazionali la Merkel si è distinta in quanto preferisce rifare gli accordi, piuttosto che disfarli; riflettere analiticamente piuttosto che far sballare il tavolo della concertazione; approfittare della sottovalutazione generale alla quale è stata sottoposta per segnare punti a suo favore. Una figura che, alla luce di tali peculiarità, si erge come soluzione per una crisi che non è esclusivamente economica, ma soprattutto sociale: crisi del corto terminismo contro il lungo terminismo; dell’individualismo contro la collettività; dell’apparire forzato contro un’esistenza pacata e condotta in punta di piedi. Dalle parti di Berlino circola una battuta, che la Merkel potrebbe perdere le elezioni solo se fosse sorpresa a taccheggiare in un supermercato, ma al di là di previsioni e sondaggi, e indipendentemente da cosa decreteranno le urne tedesche, è utile rimarcare il valore di un modo di fare politica diverso in tutto e per tutto da quello urlato, sguaiato, rozzo e barbaro che non porta a nulla di buono, se non a selvagge crociate o a provvedimenti miopi e figli dell’improvvisazione.
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