domenica 13 settembre 2009

Ma per risolvere i problemi serve un po' di lungimiranza


da Ffwebmagazine del 13/09/09

Un gioco col tempo, un’illusione che fuorvia, che distrae, che toglie lo sguardo dal problema e lo sposta dolosamente lontano, verso lidi inutili. Il culto idolatrico dell’istante, per usare le parole di Barbara Spinelli sulla Stampa, si ripercuote su chi lo esercita, innescando una miccia ritorsiva pericolosa e di una dannosità talmente palese da essere quasi riconoscibile a occhio nudo. La vista corta, la scarsa lungimiranza, la non riflessione conduce all’oblio. E a nulla serve crogiolarsi dietro vetrine di fiori sgargianti, immagini di un mondo fasullo e artefatto, assemblato scrupolosamente con cartapesta che alla prima pioggia verrà spazzata via. Diceva Isaia (5,20) «guai a coloro che chiamano bene il male, e male il bene. Che cambiano l’amaro in dolce, e il dolce in amaro». Perché dunque impedire di guardare più in là? Incapacità, insussistenza, innegabile calcolo suicida?

Il pensiero del fiato corto non consente la riflessione verso quello scatto intellettivo che è alla base di decisioni e valutazioni. Se considerassimo un qualsiasi problema esclusivamente contando su giudizi rivolti all’oggi, non avremmo la benché minima percezione del domani e di cosa esso significhi e rappresenti. Si è mai visto un ristoratore che acquista al mercato cento grammi di spaghetti o due pomodori solo per un singolo pranzo? Ripetendo metodicamente e stupidamente l’acquisto, senza un minimo di considerazione globale? Un esempio forse troppo semplicistico ma volontariamente proposto, dovuto alla mancanza di comprensione da parte di certa classe dirigente di un passaggio fondamentale, che è tale per tutti gli ambiti. A maggior ragione per chi gestisce la cosa pubblica e appone la propria firma sulla futura esistenza dei cittadini.

Il voler amministrare con l’agenda dettata dalla contingenza a tutti i costi produce una miopia decisionale innegabile, che porta a un’azione sterile e improduttiva, che tampona le falle, che risolve temporaneamente le piccole grandi emergenze del momento, ma che ignora tragicamente i risvolti ben più gravosi e influenti che si dilaniano, in conseguenza di tale stoltezza. Quando si guarda al fenomeno dell’immigrazione come un semplice problema di sicurezza quotidiana dei quartieri cittadini, si ignora volontariamente quale sarà tra qualche anno, anzi no, quale è già oggi a tutti gli effetti la conformazione multiculturale del paese. E per la quale una politica seria e responsabile ha l’obbligo di trovare soluzioni e pensare a risposte valide, no a sotterfugi populistici capaci solo di assicurare qualche manciata di voti al prossimo giro alle urne. E poi? E dopo quella manciata di voti, cosa sarà effettivamente cambiato? Si registreranno dei vantaggi immediati? Delle ripercussioni sul territorio? O si sarà tragicamente imboccata la strada più agevole e meno faticosa, contribuendo così all’esplosione di un problema ignobilmente irrisolto?

Fatti che, se estremizzati e soprattutto se non compresi alla luce della ragione e della lucidità, innescano poi quelle “schegge impazzite” che partoriscono valutazioni sconclusionate e provvedimenti inutili. E che accrescono quel clima di «contrapposizioni troppo violente - per dirla come riflette Pansa sul Riformista - che considero una deriva pericolosa e il buon senso ci dice che va fermata. Prima che accada qualcosa di irreparabile». Quando la «fiducia comincia ad incrinarsi - sostiene Ralf Dahrendorf - la libertà arretra e si arriva alla guerra di tutti contro tutti».

È proprio questo lo scenario da impedire, è un simile palcoscenico che deve essere rimosso con tempismo scientifico, dal momento che le questioni da affrontare sono molteplici. Ma se chi dovrebbe impegnare energie e risorse per risolverle, preferisce invece distrarsi in un quotidiano smarrimento della bussola, e di un patetico muro contro muro, beh allora sarà proprio quello il momento in cui verranno alla luce le miscele tossiche di cui parla Oliver James, ovvero ciò che «è creato dal fare scorta di ispirazioni irrealistiche e aspettative che non possono essere soddisfatte». E che non porta certamente a nulla di buono.

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