venerdì 20 luglio 2012

L’accantonamento della politica è pericoloso? No, quando serve a rimediare agli errori commessi


Chi è chiamato a spegnere un incendio, per quanto appassionato e volenteroso, non è che sia proprio felicissimo di rischiare in prima persona. Un passaggio che talvolta andrebbe ricordato con un pizzico di veemenza in più e guardando in faccia la realtà delle cose: con ottimismo ma anche con fermo realismo e senza illusioni. All’orizzonte dell’Italia c’è non solo da scongiurare altri declassamenti o altri borbottii di spread e agenzie di rating, ma la consapevolezza che l’emergenza, per quanto anomala e indesiderata, esiste e non smetterà presto di mordere alle caviglie produttive e sociali di un paese intero. Ha ragione Gustavo Zagrebelsky quando in un fondo su Repubblica osserva che l’emergenza del governo tecnico ha rappresentato un’alternativa stabilmente valida «alla democrazia dei partiti, quantomeno a quella di fatto realizzatasi in Italia, sotto la vigente formula costituzionale parlamentare». Non sbaglia quando aggiunge che molto sarebbe dipeso dalle capacità dei partiti di «rinnovare se stessi e il sistema delle relazioni politiche in maniera tale da poter fronteggiare l’emergenza economico-finanziaria-sociale che è stata la ragione originaria di quell’anomalo governo». L’accantonamento della politica è dunque pericoloso? Teoricamente sì, per chi crede in quello strumento e per le società che attorno a esso si sono costruite o che ne hanno subìto gli errori. Detto questo, non c’è nulla di cui scandalizzarsi, (o per lo meno non è all’ordine del giorno con 218 miliardi di titoli di stato da piazzare entro l’autunno), se si assiste a una sorta di intervento “ponte” quando la politica è paralizzata e, oltre a non fare ciò che serve, produce i buchi neri sotto gli occhi di tutti, Sicilia in primis. 
Il gabinetto di guerra Napolitano-Monti sta tentando di impedire il naufragio di un paese e con un doppio fronte, interno ed esterno. Dentro le “frontiere” nazionali ecco l’azione della spending review e il richiamo scritto al governatore siciliano Lombardo, al di fuori l’azione di velata moral suasion che il premier sta attuando in seno all’Eurogruppo. Che se da un lato ha fruttato il cambio di immagine per la nave Italia, dall’altro necessita di un altro sforzo (questa volta strutturale) per sortire gli effetti desiderati. Come suggeriscono gli economisti Natasha Xingyuan e Antonio Spilimbergo una delle maggiori cause dell’eurocrisi risiede nella differenza di reddito e produttività fra i paesi, con il ritardo di quelli più periferici. Da cui si deduce che le riforme strutturali sono un validissimo strumento per stimolare lo sviluppo delle regioni più arretrate di un paese, ragion per cui potrebbero tornare utili al fine di velocizzare la convergenza nel macro habitat di un'unione monetaria. Uno dei maggiori meriti dell’attuale governo è stato (ed è) quello di essersi affacciato a Bruxelles non come semplice spettatore o barzellettiere improponibile. Ma come attore protagonista ben consapevole della diagnosi e della terapia da attuare quanto prima. 
Certamente ci sarà tempo per discutere nel merito di provvedimenti governativi da smussare, di valutazioni da migliorare nel merito e nel metodo (liberalizzazioni e crescita su tutti). Ma non si potrà pretendere di contestare il vulnus stesso che ha causato quell’unità di crisi. Perché fino ad oggi gli altri o non hanno fatto nulla o hanno fatto peggio.

Fonte: il futurista quotidiano del 20/7/12
Twitter@FDepalo

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