Da Ffwebmagazine del 22/10/09
E se la laicità implicasse un senso di responsabilità più pregnante? E se con uno scenario intervaloriale si riuscissero a difendere meglio e più a lungo i principi della solidarietà, della carità, dell’uguaglianza? Essere laico, secondo Umberto Veronesi, scienziato di fama e pioniere nella lotta contro i tumori in Italia, vuol dire essere liberi ma eticamente più responsabili. In una conversazione-intervista con Alain Elkann, il fondatore della Scuola Europea di Oncologia spiega cosa intende per virtù laiche degli uomini. Diciamolo subito, non è il solito libro celebrativo, di quelli che non di rado si dedicano alla fine o al punto più alto di una carriera. Piuttosto un’approfondita riflessione sul dubbio comune dell’esistenza, su quello che viene descritto come lo spazio finito e sulle nostre origini.
Il prof. Veronesi, per sua stessa ammissione, non ha il dono della fede ma ripone molta fiducia nella consapevolezza che siamo animali molto evoluti, con un cervello che si è straordinariamente sviluppato, e lo fa giustamente nell’ottica della scienza, imprescindibile punto di riferimento che è anche una straordinaria conquista, attraverso la quale ipotecare un futuro diverso.
In Italia, afferma, non vi è ancora una vera e propria cultura scientifica diffusa, accade frequentemente che interi settori di ricerca rimangano sconosciuti ai cittadini. Per questo auspica, tra le altre cose, la creazione di autentiche agorà, innescando dibattiti in merito alle nuove scoperte. La sua ricostruzione parte dall’infanzia, dallo sconfinato affetto che lo legava a sua madre, dal quale è derivato un immenso amore per le donne e per le loro esigenze, come la procreazione assistita e la pillola abortiva. L’insegnamento principe era la tolleranza, ovvero in caso di conflitto cercare di capire il perché: «Se non rimuovi le ragioni profonde, non risolverai il dissidio».
Si chiede ad esempio il motivo che spinge i terroristi ad atti così estremi, in quanto l’analisi è parte integrante del suo modo di pensare. Che dalla scienza e dai fattori ad essa legati, si insinua nelle coscienze con queste pagine ricche di spunti. Nonostante il carattere pacato che lo ha portato a socializzare con una certa facilità, Veronesi nel suo intimo ha provato il desiderio di non allinearsi alle convenzioni. Ciò perché è giunto alla conclusione che gli individui siano ritmati da schemi precostituiti, frasi fatte, scelte somministrate. Da qui la perplessità sull’integralismo dell’insegnamento religioso. «Siamo animali con un senso etico molto evoluto», rammenta. Ma cosa c’è realmente in quelle due parole, senso etico? Cosa risiede in esse e soprattutto attraverso quali lenti leggerle?
Vuol dire sentirsi responsabili di seguire alcuni valori fondamentali: la libertà, la tolleranza, la solidarietà. L’anima per Socrate è la forza del pensiero, delle idee. E proprio le idee sono immortali, sostiene Veronesi. Per questo è convinto che morire sia essenziale per lasciare spazio a chi verrà dopo, e che l’immortalità sia una catastrofe biologica. Ma come si concilia siffatto ragionamento con la proiezione medico-scientifica rivolta al progresso e alla cura delle malattie? Ed è qui che Veronesi sorprende in positivo quando ammette candidamente che se le battaglie per il progresso sono ideologiche, ovvero per rimanere ancorati a scritti di millenni fa, beh queste battaglie vanno contrastate. Un esempio riguarda le donne mandate al rogo perché erroneamente ritenute streghe. La rivoluzione francese aveva combattuto sia l’enorme potere della Chiesa, sia le gravi conseguenze provocate dal fanatismo religioso, con riferimento proprio ai roghi, per cui ragazze sofferenti di epilessia venivano bruciate vive.
Il timore concreto di Veronesi è, con le dovute proporzioni, che si verifichi una teocrazia cattolica irrispettosa nei confronti di una forma di progresso civile, come accaduto quando si è incitato gli italiani a non votare per il referendum sulla legge 40. «Essendo un paese maturo- dice lo scienziato – con ovvie e provvidenziali opinioni diverse, dovremmo essere consapevoli del nostro pensiero, per questo alle leggi dire sì o no. L’atteggiamento ambiguo del non votare, fondamentalmente non chiaro, incrina i principi della democrazia». Facile fare un salto indietro nel tempo, a un altro esempio, quando il 70% degli italiani si espresse e favore dell’aborto, mettendo per un attimo da parte la propria religiosità. Semplicemente perché le donne, anche quelle cattoliche, compresero come quella legge fosse utile. Ma un richiamo alla divina ragione è venuto anche da Papa Ratzinger, che ha nel recente passato sostenuto il mantenimento dei comportamenti dei fedeli entro i confini etici, ed evitando in tal modo le patologie della fede, come il terrorismo.
Ancora la ragione viene innalzata da Veronesi a baluardo di scelte e decisioni che coinvolgono l’intero pianeta. Aver proibito l’incoraggiamento dei preservativi, ammette, che avrebbe impedito il contagio dell’Aids nei paesi sottosviluppati, non è parsa a tutti una raccomandazione giudiziosa da parte della Chiesa. E in questa direzione, quindi, come inserire il rapporto con la tecnologia? Se essa si limitasse a quegli eventi mediatici invasivi e fuorvianti, che alla fine soddisfano per lo più il mercato, allora sarebbero da tenere sotto controllo e da sottoporre a dibattito. Se invece lo scienziato perseguisse la finalità civilizzatrice della scienza, le prospettive cambierebbero nettamente. Oggi si è «smarrita la capacità critica, e la si sostituisce con l’esaltazione di un colore», di una fazione come in uno stadio durante una partita di calcio. Ma serpeggia anche un messaggio generale di «fermate la scienza, in quanto si vuol far prevalere l’occultismo». Il riferimento secondo Veronesi è al proliferare di maghi e imbonitori, «in televisione ogni dieci esorcisti c’è uno scienziato, ed è assurdo».
Emerge un ragionamento lineare e sufficientemente confortato da prove e controprove, che portano Veronesi a sostenere che la fede in Dio, e quindi la sottomissione alla sua volontà, implica necessariamente un vincolo evidente alla libertà di pensiero del singolo individuo. Scavalcare tale limite, sottolinea in conclusione, rappresenta un’espressione di coraggio, però dà vita a una nuova forma di responsabilità che si affianca a questo traguardo. Essere laici significa professarsi liberi, ma al contempo «eticamente responsabili. E non nei confronti di Dio, ma verso l’umanità. Con questi parametri la vita diventa più piena e più ricca».
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