lunedì 26 ottobre 2009

SERGIO PIZZOLANTE: “MA NON PARLATE CON GLI ILLIBERALI”

Dal Secolo d'Italia del 25/10/09


“Occorre che si incentivi il dialogo interno al Pdl, dove convivono la destra liberale e la sinistra liberal-riformatrice dei vari Cicchitto, Sacconi , Brunetta, e non sprecare energie cercando punti di contatto con la sinistra sbagliata”. E’l’opinione dell’on. Sergio Pizzolante, deputato del Pdl e tra gli ispiratori della Fondazione Craxi, che interviene nel dibattito scaturito dalla tesi di Fabrizio Cicchitto, secondo cui la destra british, super partes e politicamente corretta, vivrebbe oggi in un altro pianeta, ignorando l’anomalia italiana.

D. E’una colpa, oggi, lavorare per una destra senza elmetto, che si impegni a ricercare il dialogo anche con gli avversari politici?
R. Non è una colpa, ma può essere un errore nel momento in cui tale sforzo non coincide con una capacità di comprensione dello scenario politico italiano, che non è certamente british. In Inghilterra vi è un confronto british perché il nuovo labour di Blair intende assorbire le innovazioni economiche Thatcheriane, e oggi Cameron sposa la cultura dell’innovazione di Blair. Un panorama completamente diverso da quello nostrano.

D. E in cosa è deficitaria dunque l’Italia?
R. Di fronte ad una destra che vuol essere moderna e liberale, non c’è una sinistra di pari grado.

D. La fase post-ideologica in cui ci troviamo, non potrebbe favorire nuove visioni più ariose della politica, così come fatto con la proposta bipartisan Sarubbi-Granata sulla cittadinanza agli immigrati?
R. Al di là del merito della proposta, credo che questo tentativo di dialogo sia fatto con la sinistra sbagliata: dimostra di non aver metabolizzato l’anomalia italiana.

D. Si riferisce alla tesi secondo cui il comunismo si è ricostituito in giustizialismo e fanatismo giornalistico? Ma la miglior risposta da parte di una destra matura non potrebbe essere, a questo punto, su un terreno diametralmente opposto?
R. Innanzitutto la destra dovrebbe comprendere lo stato delle cose, sentendosi figlia più della rottura dell’arco costituzionale, di quel dialogo fra la destra liberale di Tatarella con la sinistra liberale di Craxi, che di tangentopoli e quindi portata a ignorare gli effetti devastanti di quella stagione. Noi che siamo la sinistra liberale riformista che non a caso oggi risiede nel Pdl, crediamo che la destra perda tempo in un dialogo con quell’interlocutore.

D. Su quali basi e con chi allora costruire le famose riforme liberali?
R. Lo spazio esiste ed è in un dialogo più fecondo tra la destra liberale e la sinistra liberale. Quest’ultima sta nel Pdl, per questo serve una capacità di entrambi di aggiornare idee comuni sui temi della laicità. Personalmente sono a favore della legge sull’aborto, perché io sono contrario all’aborto. Una legge che nasce per contrastare le pratiche clandestine e non per affermare la libertà di abortire. Quella legge nella prima parte prevedeva l’impegno politico a difesa della donna, mirata al contenimento dell’aborto. Su quel punto la destra liberale assieme alla sinistra liberale dovrebbero profondere il massimo impegno comune, rompendo i vecchi schemi, innovando anche il concetto stesso di laicità.

D. Ma un passo avanti in questo senso c’è già stato, è il documento comune delle Fondazioni Adenauer e Farefuturo, considerando legittima la libera rinuncia all’alimentazione e all’idratazione forzata.
R. Quelle delle fondazioni sono iniziative libere che vanno valutate per i singoli contenuti. Non ho condiviso l’iniziativa di quel gruppo di parlamentari, la lettera dei 100, perché in questa fase politica su una vicenda così delicata, è necessario un confronto più fecondo prima di tutto all’interno del Pdl tra le distinte aree culturali. Personalmente penso che non sia possibile regolare tutto e, come sostenuto da Giuliano Ferrara, credo che ci debba essere un’area grigia nella quale conti solo la volontà del singolo individuo, delle famiglie e delle competenze tecniche degli scienziati.

D. A proposito di dibattito intestino, trova fondati i rilievi sul fatto che proprio la cultura interna del Pdl risulti troppo spesso appiattita o sul populismo della Lega o sul moralismo teocon? Nell’ultimo quindicennio si sarebbe potuto fare di più?
R. Qui il Pdl dovrà fare di più. Certo, il partito è appena nato e c’è molto da lavorare, come impegnarsi a sviluppare un dibattito interno. E’cosa buona e giusta stimolare il confronto culturale, di contro non vedo appiattimento né sulla Lega né sul Vaticano. Con i primi credo dovremmo competere, sul terreno di un maggior collegamento fra l’attività di governo e quella di partito nazionale, riscoprendo l’impegno territoriale. Nel rapporto con il clero non denoto sudditanza, ma è impensabile immaginare che il Vaticano non possa sulla bioetica dire la propria. Sono più ottimista rispetto al passato, è meglio che oltretevere si intervenga liberamente, anziché farlo attraverso il partito unico dei cattolici.

D. E sull’apertura agli immigrati, prevedendo il diritto di voto per chi lavora e paga le tasse? Non è anche questa un’espressione di libertà? Ma da concedere.
R. La nuova destra, a cui guardo con attenzione nutrendo grandissima considerazione per Gianfranco Fini e per il ruolo che ricopre e che potrà svolgere in futuro, ha il difetto, ripetuto all’origine di ognuna di queste proposte considerate fuori schema, di risiedere invece proprio in uno schema vecchio. Quell’ammiccamento verso l’opposto è più un passaggio al passato che al futuro. Ribadisco che l’interlocuzione vera dovrebbe essere tra la destra moderna che sta nascendo a la sinistra liberare che già esiste nel Pdl, rappresentata da Cicchitto, Sacconi, Brunetta. Vedo questa ricerca di confronto tra gli opposti come un cedimento verso la cultura del political correct della sinistra. Mi sorprende che persone dalla grande intelligenza, che svolgono un ruolo vivo nel dibattito interno, non comprendano come sia un tentativo che li condurrà verso un confronto tra ex Msi ed ex Pci. Invece la destra liberale dovrebbe confrontarsi con altri soggetti, con la sinistra corretta, quella vera.

D. Non crede che così facendo, e richiudendosi su se stessi, si correrebbe il rischio di produrre una quotidianità diversa dallo stato del paese? Si veda, ad esempio, la singola adesione a Milano alle ronde a fronte di una legge non condivisa.
R. Ma questa non è una faccenda che si risolve strizzando l’occhio alla sinistra illiberale italiana. Per fare un salto di qualità occorrerebbe porre con maggiore forza l’esigenza di un confronto più vivo dentro il partito. I coordinamenti regionali e provinciali sono un inizio, facciamoli diventare luogo di dibattito nel quale possa crescere la capacità di dire la propria sui temi nazionali. Dovremmo preoccuparci di rendere vivi questi luoghi, e non parlare con una sinistra giustizialista e ormai morta.

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