martedì 10 agosto 2010

Se i liberali della prima ora prendono le distanze


Da Ffwebmagazine del 10/08/10

Il Pdl non è mai nato. Il partito vive solo di lotte di potere interne. L’espulsione dei finiani incarna un deficit di metodi e comportamenti liberali. C’è insofferenza per il dibattito interno. La rivoluzione liberale di Forza Italia è stata un’illusione. Silvio si circonda di uno sciame sudamericano…

Non sono i titoli di giornali dell’opposizione contro il regime o le riflessioni di qualche tedioso giamburrasca futurista tacciato di fare il controcanto, ma le osservazioni di tre liberali della prima ora, esponenti politici ed intellettuali che, a distanza di tre lustri, hanno tracciato un bilancio di quell’esperienza politica nata nel 1994, constatando quale mostro a sei teste sia venuto fuori oggi. Puntando un fascio di luce non su aneddoti personali o su rivendicazioni egoistiche, come accade spesso circa promesse disattese o sogni infranti. Ma scavando sotto traccia nelle motivazioni che realmente portarono una moltitudine di politici e cittadini italiani a raggrupparsi attorno al sogno di un nuovo contenitore liberale.

Raffaele Della Valle, avvocato penalista noto per la vicenda di Enzo Tortora, è stato tra i fondatori di Forza Italia, diventandone il primo capogruppo alla Camera nel 1994. Ma già 35 anni prima era stato segretario dei giovani Liberali di Monza, in seguito tra gli esponenti di spicco del Pli. Raffaele Costa, immagine e somiglianza del Partito Liberale Italiano, è stato deputato sin dal 1976 e quattro volte ministro, ricoprendo incarichi in vari governi. Nel ’94 in prima fila per la tanto famosa, quanto in questi anni tragicamente disattesa, battaglia per abbassare le tasse. Jas Gawronski, giornalista di lungo corso e contrario ai doppi mandati per sue stessa ammissione, è stato deputato al Parlamento italiano ed europeo, e dal ’94 al ’95 portavoce del premier Berlusconi. In seguito eletto al Senato, incarico che lasciò perché rieletto in Europa nel ’99.

Si tratta di tre figure che non possono essere accusate di trasformismo, o di formazione moscovita, né di senilità galoppante. Più semplicemente sono tre liberali veri, che non hanno timore di esprimere a testa alta e oggettivamente opinioni e rilievi rafforzati da cognizioni e verifiche. Non sulla base di teoremi strampalati o di variopinte ricostruzioni, buone solo per comizi in riva al Po. E non al fine di demonizzare alcuno, né per gettare fango su altri, così come su taluni versanti si fa abitualmente. Ma per avanzare quella che una volta si chiamava critica costruttiva, migliorie all’insieme, aggiustamenti per incrementare l’efficacia di un’azione politica e sociale.

Certo, può darsi che tra qualche giorno verrà schierata la consueta batteria di articoli per sminuire il loro pensiero, ma intanto un paio di cose interessanti le hanno dette. Dunque, l’ex ministro Costa dice di essere amareggiato perché manca nel centrodestra un partito vero, maturo e strutturato e le iniziative di Fini hanno messo in difficoltà un partito che, in pratica, non esiste. E quando esso manca ecco che tragicamente emergono le rivalità personali e di potere «che non hanno mai un lieto fine», ma che come si è visto concimano incomprensioni e tentativi fine a se stessi.

L’avvocato Della Valle lamenta l’assenza di un contenitore che sia aperto alla dialettica e al dissenso interno, in grado di recuperare quelle pulsioni liberali che spinsero l’exploit del 1994 e le speranze legate a quei dettati, ovvero meno tasse, più meritocrazia, più posti di lavoro (anche non arrivando necessariamente a quel milione). E l’espulsione di Fini? «Da ancien regime, o peggio da Oltrecortina», la bolla con decisione l’ex parlamentare.

Sui falsi consiglieri sempre pronti ad elogiare a priori, e a trasformare il brutto in bello e le nubi in sole, si concentra elegantemente Gawronski, epitetando questa pletora di yes man come “sciame sudamericano”. Preoccupati, aggiungiamo, solo di compiacere oltremodo il re e di annuire, così come accade in certi stucchevoli pastoni televisivi, senza concentrarsi sui provvedimenti reali, sulle mosse da realizzare, sugli errori commessi.

Anche loro saranno accusati di remare contro? Anche questi tre liberali, da sempre allergici a derive staliniste e a imprimatur da caserma, verranno alla fine espulsi, ma solo dopo passaggio formale sotto le forche caudine dei Probiviri? Magari coccolati con la stessa formula usata dal Premier lo scorso 29 luglio, cioè che hanno causato una «insanabile divaricazione, che ha creato sconcerto tra i nostri sostenitori, che ha costernato i nostri elettori e che ha creato un grave logoramento dell’immagine del Pdl».

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