sabato 16 giugno 2012

Grecia al voto per evitare “l’eurocrak”

Come impedire “l’eurocrack”? Chissà se almeno oggi avranno deciso di fare un salto nella mistica Delfi. Lì, nel bel mezzo di un manto di migliaia di ulivi dove, secoli fa, si chiedeva un oracolo. Si dice che prima di partire per Troia anche Achille fosse salito su quel tempio. Oggi a Delfi sono attesi non tutti i partiti che domani ri-chiederanno il voto ai dieci milioni di cittadini ellenici, ma le persone comuni. Quelle che stanno pagando di tasca propria (con i suicidi da crisi che toccano quota 252) trent’anni di politiche miopi e di corruzione generalizzata, che non arrivano neanche alla seconda settimana del mese, che hanno ridotto il consumo settimanale di carne, che risparmiano addirittura sulla salute non sottoponendosi più a visite specialistiche, che fanno la fila in farmacia per medicinali che le casse dello stato non possono più pagare. Che avrebbero una montagna di domande da porre alla Pizia, a cui forse anche la stessa sacerdotessa farebbe fatica a rispondere (si pensi che ieri in un ospedale di Atene mancavano perfino le lenzuola).
La Grecia tecnicamente fallita domani sceglierà la propria guida: quella che dovrà, in un modo o nell’altro, impedire il crack di un continente intero. Dagli ultimissimi sondaggi si profila un testa a testa tra i conservatori di Nea Dimokratia, guidati da Antonis Samaras che lo scorso 6 maggio sono risultati il primo partito con appena il 18%, e l’unione delle sinistre radicali del Syriza con al comando il giovane Alexis Tsipras. Dietro tutti gli altri partiti, con i socialisti del Pasok di Evangelos Venizelos dati in caduta libera, già un mese fa avevano raccolto il 13%, rispetto al 30% delle precedenti consultazioni. Samaras e Venizelos hanno firmato lo scorso inverno il memorandum della troika, quello che concede liquidità a uno stato che non ne ha più, in cambio di sacrifici e tasse. 

Gli stessi due politici, però, oggi pur non sconfessando quel voto, lasciano intendere che il piano di Bce, Fmi e Ue è “duro”. In quanto prevede misure drastiche: taglio di altri 150mila dipendenti pubblici già il prossimo settembre (in Grecia ce n’era un numero spropositato), taglio del 20% su pensioni, salari e indennità; oltre all’introduzione di una serie di tasse che fino a prima non c’erano. Misure senza dubbio indispensabili, per “europeizzare” un paese in cui lo sperpero del denaro pubblico e l’evasione fiscale erano e sono quotidianità. Ma di contro senza intaccare le rendite di posizione dei Paperoni dell’Acropoli, i 300 miliardi di euro ellenici custoditi in Svizzera, i benefici della casta, i privilegi della Chiesa che in Grecia non paga un cents di tasse e addirittura carica sullo stato perfino lo stipendio dei sacerdoti. Il 37enne Tsipras invece propone: la rinegoziazione del memorandum con la troika, che oggi porta interessi stellari (si pensi che su 4 euro che arrivano da Bruxelles ad Atene, ben 3 vengono restituiti all’Ue come interessi); un pubblico registro degli appalti che oggi non esiste (si immagini dove arrivano i tentacoli del clientelismo in opere pubbliche e in tangenti); l’anagrafe degli eletti; la composizione del board della banca nazionale di Grecia al momento notizia per pochi intimi; la tassazione degli immobili ecclesiastici.

Ma la protesta e il cosiddetto voto di pancia sono dietro l’angolo, in quanto uno degli elementi costanti in questo momento al centro dell’Egeo. E non solo per l’elevato dato sugli astenuti (ben il 40%), quanto per il 7% raccolto dai nazionalisti di Chrisì Avghì, in italiano Alba dorata. Che in testa al proprio programma elettorale hanno inserito la confisca dei danari sequestrati a politici e amministratori colti in flagranza e consegnati all’erario, la realizzazione di un ordine dei medici che curi solo cittadini greci e non stranieri, la chiusura delle frontiere per impedire l’invasione degli extracomunitari (nella capitale se ne contano ufficiosamente tre milioni). Oltre alle ronde che, di fatto, già da qualche tempo hanno allestito ad Atene e Patrasso per garantire la sicurezza dei cittadini. A cui la politica semplicemente non dà più attenzione. Perché cocciutamente impegnata a salvare se stessa e i propri strapuntini all’interno di un palazzo ormai crollato.

Fonte: il futurista quotidiano del 16/6/12
Twitter@FDepalo




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