lunedì 18 giugno 2012

Ma la devastazione non si fermerà

Il sogno di una Grecia che spinge per la ristrutturazione dell’Unione senza piegare la testa sembra infrangersi sul muro del risultato elettorale. Evitabile solo se non vi fosse un accordo tra conservatori e socialisti. Al momento in cui scriviamo infatti il partito di Nea Dimokratia guidato da Antonis Samaras è in vantaggio di tre punti rispetto alla coalizione delle sinistre radicali del Syriza, guidate dal giovane Alexis Tsipras. Quello, per intenderci, che avrebbe voluto rinegoziare il memorandum con la troika siglato al ribasso proprio da conservatori e socialisti. Gli stessi che lo hanno votato lo scorso inverno, gli stessi che nelle ultime ore hanno ammesso che è duro da sopportare per il paese, gli stessi che hanno governato la Grecia ininterrottamente dalla fine del regime dei colonnelli ad oggi, gli stessi che non hanno mosso un dito per recuperare i 300 miliardi di euro ellenici custoditi in Svizzera. Dunque che abbiamo risolto al centro dell’Egeo? Che i ricchi resteranno tali e il resto della popolazione ellenica pagherà il conto della crisi.

Se i dati fossero confermati, il centrodestra risulterebbe primo partito, “vincendo” 50 seggi come premio di maggioranza. Quindi sarebbe sufficiente l’appoggio trasversale dei socialisti del Pasok per comporre un esecutivo di larghe intese in grado di disporre la prosecuzione del piano della troika. Quello che, se da un lato concede al paese la liquidità necessaria per andare oltre la fatidica data del 20 luglio (dal giorno successivo il paese non avrebbe più un euro in cassa), dall’altro prosegue nella devastazione sociale di ciò che resta della Grecia: dall’attuazione della strategia europea anti crisi ad oggi, infatti, le condizioni generali non sono migliorate. Anzi: taglio di altri 150mila dipendenti pubblici già il prossimo settembre, taglio del 20% su pensioni, salari e indennità; oltre all’introduzione di una serie di nuove tasse come i “karatzi” sulla casa. Misure indispensabili per “europeizzare” un paese in cui lo sperpero del denaro pubblico e l’evasione fiscale erano quotidianità, ma che pesano esclusivamente sul ceto medio e su quello basso: equiparati in questa tragedia che sta lasciando sul campo morti e feriti (oltre ai 252 suicidi da crisi). E, passaggio ancora più grave, senza intaccare minimamente le rendite di posizione dei Paperoni dell’Acropoli. Il riferimento è agli euro ellenici custoditi nei cantoni svizzeri a cui nessuno degli attuali leader politici ha chiesto conto, se si fa eccezione proprio per Tsipras.

La stampa internazionale si è divertita in questi giorni nell’epitetare il capo del Syriza come politico anti euro, senza approfondire un programma elettorale che prevedeva non l’uscita dall’eurozona bensì la rinegoziazione di un piano. Che, così com’è,  non risolve i problemi della Grecia ma li raddoppia, perché prevede solo tagli e nessuna misura per lo sviluppo reale e per l’abbattimento del vero cancro dell’Egeo, quella corruzione che ha fagocitato risorse e fondi europei senza limiti, col benestare di chi ha evitato controlli rigidi. Il rischio al momento è di un’ulteriore impasse, per via di un mancato accordo tra Nea Dimokratia e gli altri partiti. Ma la sconfitta non è solo del secondo e del terzo classificato, ma di un modo nuovo di fare politica in Europa che, a meno di clamorose smentite, non potrà essere applicato.

Fonte: Gli Altri del 17/6/12
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