sabato 16 giugno 2012

Una faccia, una razza


Atene e Roma. Ieri la filosofia e il diritto; la polis e lo ius; Socrate, Aristotele e Pericle da un lato. Cesare, Costantino e Aquilio dall’altro: ovvero secoli di macro progressi socio-politici, grazie ai quali tutto il mondo contemporaneo si è abbeverato alla fonte della civiltà. Atene e Roma. Oggi il default e il rischio contagio, la corruzione e le cricche, le tasse e i suicidi da crisi. Altri (questa volta macabri) punti di contatto che si moltiplicano al centro del Mediterraneo, come se le due civiltà continuassero a perdersi in un viaggio ancestrale su binari paralleli. Legati dalla storia e dagli annali, senza soluzione di continuità. Alcuna. Da quel Mesogheios dove tutto ha avuto inizio, si fa ritorno nello stesso grande lago salato che bagna tre continenti per guardarsi allo specchio e scoprirsi fragili, senza coordinate e con gli squilibri sociali che dalla Grecia stanno arrivando (o sono già arrivati) in Italia. “Una faccia una razza” non è soltanto la vulgata affascinante che ogni Nikos o Yorgos o Panos ha pronunciato al turista italiano di turno. Non è solo quella voglia tutta mediterranea di incantevole ospitalità, di condivisione del poco o del molto che ognuno ha, o delle porte di una casa sconosciuta che si schiudono magicamente e con una facilità imbarazzante. Oggi quello slogan si è minacciosamente spostato più a ovest, armato di grossi artigli e cifre sprezzanti. E sta inficiando la vita di chi abita e vive su due coste della stessa lingua di mare. Che si scoprono uniti nell’abisso, accomunati da un passato glorioso e da un presente che sta diventando un incubo.

I suicidi ellenici da crisi sono 252: l’ultimo qualche settimana fa, quando un giovane imprenditore in apnea con le banche si è lasciato cadere dallo stretto di Corinto. A ciò si aggiunga che il paese è essenzialmente in un sistema di isolamento economico internazionale e le imprese di assicurazione di grandi dimensioni (Corface, Euler-Hermes) hanno cessato di assicurare le importazioni in Grecia, mentre le imprese soffocano, in quanto sono tenute a pagare le importazioni di cassa. Inoltre nel primo trimestre l'economia si è contratta del 6,5%, come emerge dalla seconda lettura del pil, dopo che la prima (effettuata 20 giorni fa maggio) aveva evidenziato un calo del 6,2%. Mentre in aprile la produzione industriale arretra del 2,2% rispetto all'anno scorso. Da un biennio in Grecia si risparmia drammaticamente sulla salute: il taglio degli stipendi, la riduzione delle pensioni e l’aumento dell’iva (record al 23%, con la benzina verde a due euro) ha prodotto un repentino cambio di abitudini. Ma non tra i Paperoni dell’Acropoli che già da tempo hanno messo al sicuro più di 300 miliardi di euro in Svizzera e a cui nessuno chiede conto, bensì tra la gente comune, la stessa che un bel giorno si è svegliata e si è trovata con i commissari della troika che compilavano il menù settimanale. E giù il consumo di carne, ridotta a una volta a settimana in media, con raddoppiato il numero dei senzatetto ad Atene e il numero dei bambini sottopeso (record nei paesi Ocse). 

E soprattutto meno cure. I cittadini preferiscono sottoporsi a infinite code alla mutua pur di evitare le visite private a pagamento. Con una serie di conseguenze a pioggia ben immaginabili, soprattutto nei casi più gravi dove la rapidità di una diagnosi risulta decisiva. Oggi quella spia si è accesa anche in Italia: oltre nove milioni gli italiani che nell’ultimo anno, per ragioni legate alla crisi economica hanno scelto di “tagliare” le cure sanitarie. Di questi meno di un terzo sono anziani, la metà milioni vivono in coppia con figli, e il 45% risiedono nel mezzogiorno. La fotografia è stata scattata dalla ricerca Rbm Salute-Censis. Ecco dunque il filone di “come la Grecia”, interessante parallelo anche perché c’è chi un anno fa lo aveva utilizzato come titolo di un libro e di una prospettiva. "Come la Grecia" (Fandango libri) è il pamphlet del giornalista greco Dimitri Deliolanes, da trent’anni corrispondente in Italia dell’emittente televisiva Ert. Che analizzava ciò che è stato in Grecia a livello politico, finanziario sociale per spiegare l’incubo dracma. E allertare i fratelli italiani: attenzione a non seguire le stesse orme, perché se così fosse la destinazione sarebbe purtroppo la stessa.

Quella meta, oggi, fa capolino all’orizzonte dei due mari, lì dove Ulisse prima di fare ritorno alla sua Itaca toccò più volte le coste italiane, lì dove un gruppo di guerrieri e sovrani fuggiti da Troia decise di scoprire nuove terre e costruire nuove civiltà. Scriveva Virgilio nell’Eneide: «Queste terre d'Italia e questa riva / vèr noi vòlta e vicina ai liti nostri, / è tutta da' nimici e da' malvagi / Greci abitata e cólta: e però lunge / fuggì da loro. I Locri di Narizia / qui si posaro; e qui ne' Salentini / i suoi Cretesi Idomeneo condusse; / qui Filottete il melibeo campione / la piccioletta sua Petilia eresse». Queste terre e quelle terre, ieri come oggi, sembrano intrecciate da un brutale scherzo del destino. Come se la passata onnipotenza degli antichi greci e degli antichi romani al momento si fosse capovolta. Per osservare, dal basso, ciò che un attimo dopo potrebbe accadere anche a chi, teutonici in testa, oggi si crede imbattibile.
   
Fonte: Gli Altri settimanale del 15/6/12
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