martedì 17 aprile 2012

In Grecia si muore letteralmente di fame


Atene. L’agnello sacrificale? Gli undici milioni di cittadini greci, chiamati a rattoppare una voragine democratica senza precedenti. Critici, ha scritto Jean Starobinksi, sono quei giorni in cui una patologia evolve verso la guarigione o la degenerazione. Non solo dalla settimana santa della Pasqua ortodossa, appena trascorsa, ma usciamo da quella che segna plasticamente la passione di un popolo e di una nazione in croce. Perennemente al fronte, con morti e feriti che si alternano con una ritmica macabra. Una sorta di via crucis percorsa da una Grecia dilaniata dalla normalità di essere per forza europea. Che sta pagando a caro prezzo politici corrotti, funzionari dell’Ue strabici e l’illusione di essere tutti Onassis. Sensazioni da fine regime, proprio nei giorni in cui ad altre latitudini una voce libera se n’è andata, Fang Lizhi, ispiratore di Tienanmen e uno dei protagonisti di quella rivolta studentesca. E mentre da questa parte dell’Adriatico la vergogna per una classe dirigente ingorda e volgare dovrebbe trasformarsi in sdegno vero e in azioni concrete contro i rutti padani, al centro dell’Egeo scorrono i titoli di coda di un film il cui seguito non è stato ancora scritto. Ma la cui sceneggiatura si sta arricchendo di altre tristi pagine.
Come le centinaia di persone che hanno preso parte ad Atene ai funerali di Dimitris Chrisoulas, il farmacista in pensione suicidatosi dinanzi al parlamento in piazza Syntagma per protestare contro la politica di austerità varata dal governo. Sua figlia l’ha epitetato “un atto profondamente politico”, mentre nelle poche righe ritrovate dopo la sua morte, Dimitris scriveva: “Non trovo alcuna altra soluzione per una fine degna, prima di dover cercare il cibo nei bidoni della spazzatura”. Quel termine scelto dal poveretto, fine degna, racchiude al suo interno molto più di un gesto forte o della disperazione per non poter garantire la sopravvivenza materiale ai proprio cari. È la sirena ancestrale di un’anima in pena, l’urlo di dolore della “psichì”, la spina dorsale e sociale di un blocco di carni e ossa che semplicemente non hanno più un grammo di energia. E che chiedono soccorso. Lo dimostrano, qualora ve ne fosse ancora il bisogno, i numeri dell’Unicef, secondo cui nel paese il 23% dei bambini è povero rispetto alla media europea (20,5%); i minorenni che vivono al di sotto della soglia di povertà ammontano a 439.000; le famiglie indigenti toccano il  20,1%; il 33,4% delle famiglie povere è formata da un unico genitore. In Grecia si riscontra per giunta la più alta percentuale di bambini sottopeso dei paesi Ocse. Dati che mettono i brividi e che si vanno ad incrociare con i sondaggi diffusi in questi giorni, a poche settimane dalle elezioni politiche. Che segnano un elevatissimo tasso di astensionismo, indicativo in un paese i cui cittadini sono sempre stati propensi ad esercitare il proprio diritto di voto.
E ancora, i progressi delle ali estreme, i comunisti del Kke e del Syriza e i nazionalisti del Laos, senza dimenticare i Verdi. Passando per una nuova aggregazione, Patto sociale, nata dall’idea di due ex ministri del governo socialista di Giorgos Papandreou, Lucia Katseli, Ministro dell’Economia e Haris Kastanidis, Ministro della Giustizia. E con la costante dei due maggiori partiti, i socialisti del Pasok e i conservatori di Nea Democratia, entrambi “azzoppati” nell’immaginario collettivo e caduti al minimo storico di gradimento. Politica e società ancora una volta abbracciati, mortalmente, in un trionfo di contraddizioni e sperequazioni che si raddoppiano ogni giorno. Perché, se da un lato l’auspicio dell’Europa è che dalle consultazioni fuoriesca un esecutivo stabile e duraturo, quindi nel solco di chi ha dato il via libera al piano di austerità della troika, dall’altro i cittadini non se la sentono di affidare le chiavi del paese alle medesime forze che hanno causato il default, che li stanno costringendo a  sacrifici enormi e che non hanno investito un solo euro per la sopravvivenza della Grecia. E a poco possono servire “briciole” come la partecipazione di un’attrice greca, Tonia Sotiropulos, Bond girl al prossimo 007 o i pur encomiabili appelli per invitare tutti gli europei a trascorrere nell’Ellade le prossime vacanze. Qui servirebbe un Leonida che, indifferente a tecnocrati, economisti e dilettanti promossi ai posti di comando dell’Ue, avesse il coraggio e l’ardire di combattere come alle Termopili contro lo spread, il default e la cattiva politica.
Ha scritto Dolores Ibarruri che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. Oggi nella culla della civiltà, la risposta anche se incerta è comunque “alitòs”. Ma con il pensiero drammaticamente proiettato a un domani che non ha certezze, se non quella di un esercito di Efialte (ancora impuniti) che hanno prodotto tutto questo.
Fonte: Gli Altri settimanale del 13/04/12

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