lunedì 23 aprile 2012

Politica e calcio, sogni italici distrutti (da riprendersi)


Che cos'è la passione? Quel fuoco che arde in un animo, che lo spinge a gesti clamorosi, che infiamma verba e pensieri, in nome di un interesse tanto diffuso quanto bello. Due delle più avvincenti passioni italiche si chiamano politica e calcio. Perché da sempre sinonimo di guance arrossate, di emozioni intense. Si prenda la "cavalcata" di una campagna elettorale, momento unico per chiamava e ama carpire la goccia di sudore che spunta sulla tempia di un candidato, o la veemenza con cui smonta la tesi dell'avversario, o le sacche di ansia racchiuse nei secondi che precedono il responso elettorale.

E ancora, i fiumi di inchiostro versati sui quotidiani, quando al centro della scena c'è il dibattito (anche aspro, ma proprio per questo vivo e vegeto), quando un tema è scartavetrato con insistenza per giungere all'idea, che sboccia da uno scontro dialettico e valoriale. Che in comune con quel pallone che rotola ha molto, moltissimo. L'irruenza, il panegirico per una vittoria, un record da infrangere: ma soprattutto la vitalità di un fiume umano, quello che applaude dai seggiolini di uno stadio, quello che "conta" sul programma del proprio candidato.

"Il" gioco italiano per antonomasia, quello che fa muovere occhi e sguardi all'impazzata e la passione civile più rilevante nello stivale,quella che ha ispirato serie televisive e romanzi, Peppone e Don Camillo, o alcune delle ironiche pellicole di Totò. Per dire che rappresentano, per un contenitore culturale prismatico come l'Italia, due fuochi accesi. La cui fiammella però qualcuno negli ultimi tempi ha inteso mettere in pericolo. I casi Lusi e Belsito da un lato, che hanno "giocato" con i sentimenti (e gli iban bancari) dei propri elettori, e i casi vergognosi della compravendita di gare del campionato di serie A, sono la spia di un malessere doloso. Dove "criminali ammazzapassioni" hanno tentato di infrangere due sogni italiani, la politica e il calcio. Due infinite passioni, diverse,che ci animano. E lo hanno fatto con due condotte, volgari e corrotte, che mettono a rischio la partecipazione popolare che,invece, andrebbe preservata a tutti i costi, perché tratto somatico delle latitudini in cui si trova il nostro paese e che hanno rappresentato la sua forza. Perché crocevia di popoli e culture,perché al centro di quel grande lago salato dove la civiltà è nata, perché avvezzi alla contaminazione e alla ricerca di un'identità comune.

Sì: hanno tentato di distruggerci un sogno. Giocando (sporco) con i sentimenti della gente, quella gente che ancora è scossa da un battito pulsante, quella che ancora crede al cambiamento, al prossimo successo, da inseguire nel rispetto delle regole ma con il coltello fra i denti. Quella che vede il proprio obiettivo futuro come un viaggio, dove la meta si raggiunge con tenacia e determinazione, non stando seduto nel salotto di casa, immobili e abulici alla storia.

E allora vale la pena di rileggere un pregnante discorso, quello di Aldo Moro al Consiglio nazionale della Dc il 21 novembre 1968, «tutto ciò significa che dovremo essere travolti dagli avvenimenti? Vuol dire che non vi siano binari da apprestare, leggi giuste da offrire, istituzioni capaci di garantire il moto della storia incanalandolo perché non approdi all'anarchia, alla disperazione, alla delusione?Certamente no, dobbiamo governare. Ma dovremo farlo, e questo è il fatto nuovo, con l'animo di chi crede profondamente che una nuova umanità è in cammino». Dove quella nuova umanità è rappresentata dalle coscienze dei singoli uomini, quel passaggio tanto intimo quanto decisivo che trasforma un semplice cittadino in soggetto civilmente e politicamente attivo. Che partecipa alle sorti del proprio paese con un sogno: da realizzare.

Fonte: Formiche di oggi

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