I passi indietro?
Apprezzabili ma non sufficienti ad estirpare la zizzania della
corruzione. Per combattere la quale serve un'azione decisa, lontana
dai baruffe fazionistiche, commi ed emendamenti. E con l'obiettivo di
pene severe, come una prescrizione lunga e l'interdizione dai
pubblici uffici. La lotta alla corruzione passa per l'imperativo di
tempi rapidi e di misure efficaci, per due ragioni. Non solo di
merito, per scrostare dall'immagine del paese quella patina (che
patina non è, ma purtroppo corazza spessa due dita) di
inaffidabilità del paese, delle sue infrastrutture amministrative
precarie e quindi facilmente “attaccabili” da condotte criminali.
Quanto per impedire che un sistema di potere si identifichi con una
sola persona, con il rischio elevato di condizionamenti, conflitti, e
mitili accettati in dono con troppa leggerezza. E soprattutto senza
rivoltare la sabbia per impedire di fare chiarezza. Lo ha ribadito
Antonio Polito sul Corriere della Sera a proposito del doppio caso
dei governatore di Lombardia e Puglia Formigoni e Vendola:
l'ostinazione a minimizzare autorizza il sospetto che il “Celeste”
abbia esaurito la propria spinta propulsiva e punti ormai solo a
sopravvivere.
Un passaggio che è
visibile nell'emendamento depositato dal ministro della giustizia
Severino al ddl anticorruzione che per sua stessa ammissione tiene
conto del confronto di idee svoltosi nel corso degli incontri
bilaterali con le forze politiche e in attesa che il dibattito
parlamentare entri nel vivo. Aumenta a cinque anni la pena massima
del reato di corruzione per l'esercizio della funzione: ecco un primo
passo significativo. La scelta alla base della proposta, ha tenuto a
precisare il Guardasigilli è quella di costruire attraverso «il
dialogo l'ossatura portante dei tre interventi normativi, in modo da
delineare una struttura dotata di coerenza e logica interna anche
sotto il profilo della misura delle pene».
E conferma: sul ddl anti-corruzione «abbiamo
rispettato la tempistica su cui c'eravamo impegnati con i presidente
delle commissioni parlamentari».
Ha anche apprezzato il grande senso di responsabilità di tutte le
parti: «Su tutti i tre
temi sono state individuate soluzioni caratterizzate da una logica
intrinseca ed equilibrata su cui si concentrerà il dibattito
parlamentare, di contribuire alla stesura definitiva dei
provvedimenti», ha
spiegato. Aggiungendo che «la
contestualità nella discussione dei tre temi non è stata intesa da
alcuna delle rappresentanze politiche presenti al tavolo come
contemporaneità dell'iter parlamentare, che non dipende dal governo,
ma dalle decisioni inerenti la calendarizzazione, su cui spetta alle
forze politiche accordarsi».
anche se al momento resterebbe aperta rimarrebbe la questione delle
pene da associare ad ogni specifico reato.
Bene questo primo step,
dunque, anche se serve proseguire con rigidità sull'altro versante
della questione, quello della cultura della legalità, da seminare
diffusamente. Una possibile idea? “Liberalizzare” le
amministrazioni, puntando su cabine di regia a cui possano accedere
una molteplicità di individui, non solo la pletora di feudatari che
fanno riferimento al ras di turno, per aprire di fatto il mercato
della cosa pubblica. E punendo chi sbaglia.
Fonte: il futurista
quotidiano del 18/04/12
Twitter@FDepalo
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