lunedì 12 novembre 2012

Crisi greca, Atene “esegue” gli ordini, ma resta appesa alla troika

Anche se in ritardo di quindici mesi, forse per la prima volta dall’inizio della crisi greca, la troika può dirsi soddisfatta. Perché Atene, licenziando il terzo memorandum di tagli proposto dai rappresentanti di Bce, Ue e Fmi e approvando il bilancio in Parlamento, ha “eseguito” gli ordini. E giustamente adesso attende che il pool di esperti giunti al capezzale del “malato” Grecia diano il nulla osta all’ennesima tranche di prestiti da 31 miliardi, utile per evitare il crack finanziario.

Le casse dello stato ellenico, come lo stesso premier Samaras ricorda di mese in mese, hanno liquidità ancora per pochissimi giorni. Ma ecco a che a sostegno della Grecia giungono le parole del presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker secondo cui il rapporto della troika per i leader europei è “fondamentalmente positivo”, dal momento che “Atene ha mantenuto le sue promesse”.

Un passaggio che smonta, almeno tecnicamente, le resistenze di chi come il ministro tedesco Schaeuble aveva sempre chiuso la porta ad un ulteriore aiuto verso Atene se prima il governo greco non avesse “obbedito agli ordini” della troika. Che oggi sono stati assolti, con tanto di maggioranza governativa incerta, con la protesta popolare che ha portato centomila persone in piazza giovedì scorso e che manifesteranno ancora dopodomani in occasione dello sciopero europeo. Ma che di fatto consente al governo ellenico di confrontarsi con i rappresentanti di Bce, Fmi e Ue con un ruolo diverso e nella consapevolezza di aver svolto il compito richiesto, anche se con conseguenze sociali drammatiche.

Per questo Juncker aggiunge che dal momento che i greci hanno mantenuto le loro promesse, “ora è il nostro turno di mantenere le nostre promesse, ma prima abbiamo bisogno di un chiarimento in merito alla sostenibilità del debito greco”. E sottolinea che proprio in virtù di questo ultimo scoglio non ci sarà nessuna decisione sul versamento della quota nei colloqui di oggi a Bruxelles: “Discuteremo della questione oggi, ma non si può giungere ad una decisione definitiva”, dice ribadendo che i parlamenti nazionali avranno voce in capitolo. Tuttavia ha evidenziato come “sarebbe saggio arrivare oggi a un calendario preciso”, perché il “lavoro preparatorio è stato fatto, e quindi il rilascio della dose dovrebbe essere organizzato nel modo migliore possibile”.

È palese però che ancora all’interno dell’Eurogruppo non ci sia un’intesa sul livello del debito greco nel 2020 affinché possa essere giudicato sostenibile. Ma anche su come andranno equilibrati e ripartiti gli oneri derivanti dalla proroga di due anni che sarà concessa ad Atene. Uno spiraglio che in verità è tratteggiato dal quotidiano Financial Times Deutschland, secondo cui “non ci sarà nessun default della Grecia, né accidentalmente né intenzionalmente”, asserendo che il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha invitato i ministri delle finanze dell’eurozona ad approvare, almeno in linea di principio, l’ulteriore prestito alla Grecia.

E scrive che “dal momento che oggi non vi sarà l’approvazione della rata attesa da tempo, il Paese dovrebbe emettere titoli per coprire i cinque miliardi in scadenza, e questo può avvenire solo se precedentemente la Bce dia il via alle sovvenzioni per aiutare la liquidità delle banche, in modo che le banche possano rifinanziare la Banca di Grecia”. Il quotidiano economico aggiunge che nel corso dell’Eurogruppo di questa sera sarà disponibile almeno una gran parte del rapporto della troika, pur rilevando che, secondo fonti del governo tedesco, il viceministro delle Finanze Steffen Kampeter ha già informato i capi dei gruppi parlamentari del Bundestag che non si svolgerà alcuna riunione d’emergenza del parlamento tedesco sul caso Grecia. Facendo intendere che la decisione potrebbe slittare anche di settimane.

Lo stesso Schaeuble dalle colonne del Die Welt evidenzia come “noi, l’Eurogruppo e il Fondo monetario internazionale vogliamo aiutare la Grecia, ma non vogliamo lasciarci sotto pressione, non siamo responsabili per la pressione del tempo, tutte le parti interessate erano a conoscenza di tale periodo”. E lancia poi una stoccata ai palazzi del potere di Atene quando dice che “il denaro dei contribuenti tedeschi e del governo tedesco garantisce il debito di Atene, ma l’élite della Grecia continua ad evadere le tasse e non partecipa ai sacrifici”. Mostrando il vero nervo scoperto del governo Samaras: ovvero il fatto che le nuove misure sono a totale carico dei cittadini e non investono non solo i super ricchi me neanche la casta politica, la cui riforma sulla non cumulabilità delle pensioni, ad esempio, sarà valida solo per gli eletti da domani in poi, facendo salva la stessa classe dirigente che ha prodotto la voragine finanziaria ellenica.

E aggiunge: “La Grecia ha un problema con l’elite, questo è vero. Certo è fastidioso quando molti greci ricchi non pagano le tasse. Ma non si facciano illusioni: non si potrà certo consolidare il Paese con le tasse di pochi facoltosi. Per recuperare la competitività, servirà un processo doloroso e un necessario aggiustamento globale, che comprende tutti i settori, influenzando la gran parte della popolazione. Questo è doloroso, questo è in parte sbagliato, ma in alcuni casi è certamente connesso con il dolore e la sofferenza e richiede il nostro rispetto e la compassione. Ma – conclude – è un processo inevitabile”. Sul tema si confronteranno domani a Bruxelles Samaras e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, per valutare i progressi fatti dalla Grecia.

Infine secondo un sondaggio condotto da Kappa Research, al di là dei partiti preferiti se si dovesse votare oggi (Syriza al 23,1%, Nea Dimokratia al 20,4%, Alba dorata all’11% e Pasok al 7,5%) colpiscono le risposte di natura economica. L’86,3% degli intervistati dichiara infatti di avere una situazione finanziaria che da “difficile” si fa “molto difficile” e ammette di risparmiare ormai in vari settori come intrattenimento (87,2%), shopping (86%), elettrodomestici, carburante per benzina e gasolio da riscaldamento (64,5%) mantenendo solo le spese assolutamente necessarie, comprese quelle per l’istruzione dei propri figli e dei costi sanitari.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 12/11/12
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