mercoledì 28 novembre 2012

Follia a Taranto: Ilva, la politica adesso faccia due passi avanti

Una città fallita, dove si muore ancora di lavoro e che oggi si scontra con una dinamica folle e pericolosa. Uscire dalla logica del ricatto, nella consapevolezza che salute e lavoro non sono in concorrenza o in alternativa. Ma due diritti costituzionalmente garantiti. Sul caso Ilva serve uno scatto di reni della politica. Da un lato il gruppo Riva, per il quale non c'è altra strada dopo il sequestro, e che quindi non si muoverà dalla decisione di fermare tutto. Dall'altro la magistratura, che ha deciso per i sette arresti nei confronti dei dirigenti dell’azienda, per i due avvisi di garanzia oltre al sequestro preventivo di prodotti, in quanto realizzati in violazione delle prescrizioni del sequestro già adottato dall’autorità giudiziaria sugli impianti dell’area a caldo (che non ammetteva la facoltà d’uso). Nel mezzo il caos, emozionale e civile di una città intera, ferita e devastata, che osserva, terrorizzata, questo ennesimo gioco al massacro. Quando il ministro dell'ambiente Clini rileva che «chi oggi si assume la responsabilità di far chiudere l’Ilva, si assume anche la responsabilità di un rischio ambientale che potrebbe durare anni», mette l'accento proprio sul riflesso, presente e futuro, di decisioni assunte. E intrecciate irrimediabilmente con le vite di migliaia di persone, lavoratori, familiari e cittadini tarantini.

Ma è nell'interstizio di quelle dichiarazioni del gruppo Riva che si annida la nota stonata (e non la sola) di questa degradante vicenda. Quando scrivono «nessun rischio per la salute a causa della nostra attività, è tutto in regola» è come se alla beffa dei cinquemila lavoratori oggi a rischio, si volesse sommare un muro di gomma: quello che schiaccia idealmente i tanti altri lavoratori che negli anni hanno pagato con la vita. Mentre una città intera affondava nel silenzio di un paese becero, che permesso un caso simile.

Fonte: Italiani quotidiano del 28/11/12
Twitter@FDepalo

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