da Ffwebmagazine del 08/06/09
Tutti di nuovo in aula, la ricreazione è finita. Come non condividere il richiamo del vertice di Confindustria a mettere da parte la parentesi elettorale, per tornare “imprenditorialmente” a occuparci di progetti e cose concrete, spinti da quell’entusiasmo e da quella carica emozionale in assenza delle quali si forgiano cristalliere drammaticamente vuote, castelli principeschi dove all’interno troneggiano solitudine e rassegnazione. È un monito rivolto a un’ampia platea: alla classe politica, che si è intestardita in una campagna elettorale “incarognita”, volendo rammentare uno dei recenti epiteti quirinaleschi; alla stampa, a volte distratta da dibattiti fuorvianti e pericolosamente inutili; e forse anche ai cittadini, spesso trincerati dietro la comoda insussistenza di alcune istituzioni, che li legittima al disimpegno, “tanto va tutto male”.
La campanella che segna la ripresa delle lezioni, invece, è stata suonata al momento giusto da Emma Marcegaglia, che non a caso ha scelto il primo giorno utile per votare. Come dire, vi ho avvisati, tutti, altre ventiquattr’ore di tempo e poi basta. Basta al muro contro muro, basta con i manifesti sempre più offensivi e sempre meno comunicativi di qualcosa, basta con le tribune politiche urlate e insultate, basta con i comizi senza programmi, basta con lo screditamento automatico (la nuova frontiera del dibattito sprovvisto di idee, che prevede il divieto assoluto di fare proposte e pensare soluzioni, ma contempla l’obbligo del “no” a priori condito da una sana delegittimazione dell’avversario). Insomma, mettiamo un punto e voltiamo pagina.
Certo non sarebbe saggio mettere anacronisticamente in secondo piano la valenza di questa tornata elettorale, non solo interna, (con i risvolti equilibristici delle amministrative), ma soprattutto esterna ai confini nazionali, con il rinnovo di un Parlamento europeo finalmente munito di stipendi standard, dal momento che proprio l’Europa (ma anche questo lo si sente da anni) rappresenta un nodo cruciale per i destini delle singole economie. E qui sarebbe utile aprire una riflessione sul ruolo dell’istituzione comunitaria, sugli sforzi compiuti e da compiere per implementarne efficacia e risolutività. «L’Europa non è un tesoro che va scoperto - ammoniva Zygmunt Bauman - ma una statua che deve essere scolpita». Ma è un passo che andrà fatto assieme agli Stati membri.
Il punto adesso è che dalle Alpi a Pantelleria sembra si stia diffondendo uno strano virus, che affonda le menti e svilisce i cuori. Quello della campagna elettorale perenne, che dura dodici (e sovente anche tredici) mesi all’anno, nella quale proliferano slogan prestampati, promesse assurde, attenzioni improvvisate a dettagli insignificanti (come i blog di alcuni candidati, rigorosamente disabitati già dal giorno successivo alla proclamazione) e che non rappresentano un investimento né per la politica né per gli elettori. Semplicemente perché sono fasulli, vuoti, freddi, e non hanno invece al loro interno il seme germogliato della “buona politica”, quella viva, fresca, che progetta a lunga scadenza, che trasforma i boccioli in fiori rigogliosi, che forgia cervelli e anime sociali, che risponde “presente” alle esigenze sempre più cangianti di un paese desideroso di attenzioni ed effusioni vere.
Passione, quindi, e soprattutto voglia di rimettere in moto menti e idee, perché il paese non può nutrirsi esclusivamente di campagne elettorali, di contrapposizioni eterne figlie di bandiere e schieramenti. I problemi sul tavolo rimangono drammaticamente irrisolti. Gli ammortizzatori sociali spesso non sufficientemente efficaci, il fotovoltaico e l’eolico in colposo ritardo, i trasporti collassati e sotto la media europea, il Mediterraneo non sfruttato adeguatamente (dal punto di vista culturale ed economico), l’ambiente ancora sfregiato con il 40% di acqua dispersa dalla rete idrica. Appunti che non possono essere solo trascritti su programmi e dichiarazioni di agenzie, ma devono essere tradotti rapidamente in atti, potendo contare su iniziative forti, insomma volendolo veramente.
«Se vuoi costruire un’imbarcazione non preoccuparti tanto di distribuire il lavoro tra gli uomini, vedi piuttosto di risvegliare in loro la voglia del mare», diceva De Saint- Exupery. Beh, l’auspicio è che dal prossimo martedì, a urne svuotate e a schede finalmente scrutinate, la “voglia del mare” ritorni al centro del dibattito e non in attesa che giunga, come un invitato sgradito, la prossima campagna elettorale (ricordiamo che tra un anno esatto ci sono le regionali), ma per rimettere in moto un sistema che procede a singhiozzo e che non è scansionato da quei rintocchi che servono realmente, ovvero obiettivi da raggiungere e progetti da realizzare.
Nessun commento:
Posta un commento