mercoledì 22 settembre 2010

Grecia, se la politica offende una civiltà


Da Ffwebmagazine del 22/09/10

«Chi vuole arrivare alla cima di una scala assai alta - diceva Le Machin - deve salire, non saltare». La Grecia e la sua classe dirigente hanno smesso di salire quei gradini. Da molto tempo. E si sono ritrovati, un bel giorno, catapultati in uno scenario apocalittico, senza vie di uscita. Solo con un vicolo cieco che intimava la peggiore delle soluzioni possibili.
Scioperi, speculazioni finanziarie, scontri, delusioni, default. La Grecia che ha iniziato a metabolizzare ciò che realmente l`ha colpita, muove i primi passi verso un mondo completamente nuovo. Fatto di privazioni, razionalizzazioni, risparmi. Il minimo, dopo anni di sperperi e di tasse non pagate. Ma anche di assurde sperequazioni sociali, di grandi conflitti tra politica e cittadini, di mancata equità sociale. Ecco il nodo irrisolto che sta squarciando quel poco di spirito unitario che ancora è rimasto nel Paese.
In questi due anni, caratterizzati da debiti, incredibili morti, pericolosi ferimenti, allucinazioni finanziarie, e mesti ritorni con i piedi per terra, non una voce si e`alzata per dire: ho sbagliato, punitemi e sarò redento. Non una causa avviata contro i responsabili, ministri, sottosegretari, o funzionari che siano. Insomma, non un provvedimento è stato avanzato contro chi sui quei conti avrebbe dovuto vigilare severamente. Contro chi, abitando in una villa con piscina, dichiarava al fisco cinquecento euro all'anno. Contro chi, anche in sede europea, non ha sufficientemente controllato lo stato della corruzione infinita che in Grecia non solo ha messo radici, ma ha trasfigurato dall`interno il tessuto socio/politico. Contro chi ha svenduto anima e pezzi di una nazione che, è utile ricordare, ha dato i natali alle altre civiltà. E che oggi è mortificata da una classe dirigente miope e non all'altezza di tanta storia. Ma anzi, che fa di tutto per proseguire su quei binari putrefatti, su quelle coordinate sfasate, che consegnano il vascello ellenico alla deriva più iniqua.
La politica, sì, proprio la politica. Quella cosa nobile e alta che dovrebbe, nelle intenzioni, provvedere alla qualità della vita dei cittadini, alla sopravvivenza dignitosa delle fasce più deboli, al progresso tecnologico di un Paese, alla salvaguardia del senso unitario di nazione. Cosa ha fatto la politica greca per meritarsi l'epiteto di politica con la P maiuscola? Cosa ha fatto per mettere in pratica gli insegnamenti che secoli fa una grande civiltà ha codificato?
Nulla. E non solo non si è resa primattrice di un qualche intervento che fosse classificabile come migliorativo dello status quo, ma ha fatto di peggio, condannando il Paese a sprofondare sempre piu`nel baratro sociale, economico, industriale, commerciale. Come? Non costruendo le università e costringendo gli studenti ellenici ad un incomprensibile test d'ingresso, che spinge molti di loro (anche i meno abbienti) a spostarsi all'estero, con euro ellenici che fanno la felicità di altri stati. Non valorizzando le professioni pratiche, in virtù di una scellerata propensione per le lauree, con la conseguenza che nel paese mancano figure tecniche, che in ambiti come l`ambiente o il manifatturiero o l'agroalimentare, sono il vero plus.
Non imponendo un modello socio-educativo di qualità, lontano da stardard di vita ben superiori alle proprie possibilità, installando il germe del “tutto pronto e subito”, forgiando una società acefala, che spende più di quanto guadagna, con contraddizioni infinite. Non sfruttando la società della conoscenza, trascurando il comparto Ict, ignorando le potenzialità della rete e le relative ricadute occupazionali. Come gli ebook, o certa letteratura mirata che contribuisce a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulle problematiche interne, come sapientemente fatto da fior di scrittori turchi o iraniani. Non svolgendo un ruolo primario in occasione di dossier internazionali, come i gasdotti o i nuovi mercati di materie prime africani, senza contare l`apparente disinteresse per giacimenti di petrolio presenti nell'Egeo.

Non stimolando adeguatamente le ricchezze del territorio, come il turismo o i prodotti alimentari, con incredibili iperboli che provocano mancati guadagni, a causa di modalità discutibili di azione e di promozione, dove a volte l`ingordigia del singolo mette a repentaglio il benessere degli altri. Non aprendo con decisione alle liberalizzazioni, vera occasione di sviluppo concorrenziale, lasciando il tutto in mano ai monopoli.
E ancora: non sostenendo le energie alternative, con le auto diesel ancora in netta minoranza, per non parlare di quelle a metano o elettriche assenti, con trasporti pubblici in affanno, senza riposizionamenti e interventi normativi che facciano crescere il tessuto delle piccole e medie imprese. Ma, forse l`aspetto maggiormente dequalificante, non supportando la storia di un Paese e di un popolo, con una conoscenza del proprio passato di nazione e di civiltà: in una parola sola, calpestando la propria cultura. Altrimenti non si spiegherebbe il modesto tasso conoscitivo degli studenti ellenici, l`imbarazzante spregio per lil senso unitario di nazione, dove chi manifesta considerazione per la bandiera e per l'appartenenza ad una comune identità, viene insultato, senza comprendere come il rispetto per una cultura potrebbe rappresentare la vera occasione per uscire da questa crisi.
Non comprendendo come vecchie classificazioni anacronistiche appartengono a un mondo che non c'è più. Perché è stato sostituito da un altro contenitore, che implora la soluzione di altre questioni. Come l'immigrazione straripante in tutto il Paese, come storie di mancata integrazione che vanno raccontate e comprese approfonditamente. Come il blocco commerciale di acque da sempre fertili come l'Egeo ed il confinante Mediterraneo. Come l'infertilità di frammenti storicamente mai avidi di produzioni teatrali, musicali, letterarie.
Insomma, non si peccherebbe di superbia o di pusillanimità, se si chiamassero finalmente le cose con il proprio nome. E giungendo all'amara conclusione che in Grecia la politica ha mancato di rispetto innanzitutto nei confronti della sterminata cultura di un Paese. Con le conseguenze che oggi tutti hanno sotto i propri occhi.

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