"Potete ingannare tutti per un po', potete ingannare qualcuno per sempre, ma non potrete ingannare tutti per sempre". (A. Lincoln)
martedì 14 settembre 2010
Il referendum? Per Ankara è un punto di partenza
Da Ffwebmagazine del 14/09/10
Il macroscopico passo in avanti, quanto a diritti e sviluppo sociale, che ha fatto la Turchia votando “sì” alla riforma della Costituzione, non dovrà essere una conquista sulla quale adagiarsi per qualche decennio. Ma dovrà rappresentare l’inizio di un percorso nuovo, tortuoso ma risolutivo, per ammodernare finalmente quella che geograficamente è l’ultima frontiera europea, e la prima del continente orientale.Il 58% dei votanti ha deciso di sostenere la “discriminazione positiva” ad appannaggio di anziani, disabili, donne e bambini, sancendo un fatto storico dal punto di vista sociale e della considerazione umana. Si tratta di un pacchetto di emendamenti a ventisei articoli della carta costituzionale proposto dal partito del premier Erdogan, Giustizia e Sviluppo. Che introduce la garanzia del diritto alla privacy, un maggior equilibrio della macchina giudiziaria: il diritto di ciascuno di espatriare d’ora in poi verrà limitato solo da un giustificato provvedimento di un giudice.
Mentre i civili non potranno più essere processati dai tribunali militari; i militari potranno essere giudicati da tribunali civili; e infine i più alti in grado dalla Corte Costituzionale.Si allontana l`incubo golpe, aveva previsto pochi giorni fa il Nobel per la leteratura Orhan Pamuk, per scacciare definitivamente il ricordo di quel passato violento e di oppressione. Quando scrittori e poeti vennero confinati in carcere, testi e volumi pericolosamente inneggianti alla libertà celati alle letture dei cittadini, individui torturati e diritti imbalsamati. Sono stati quattro i colpi di stato in Turchia negli ultimi dieci lustri che hanno portato la firma dei militari. Numeri considerevoli, che danno la cifra della loro influenza nelle istituzioni del paese.
Il momento contingente non è dei più semplici, per via di una serie di fattori. Primo fra tutti lo strano asse instaurato dalla Turchia con Brasile e Iran che ha portato pochi mesi fa a un triplice accordo nucleare: Teheran sta trasferendo 1.200 chilogrammi di uranio non arricchito in Turchia, e Ankara sta ottenendo combustibile nucleare altamente arricchito, da girare proprio all`Iran per fini civili. Con il sostegno diplomatico del Brasile, ma con forti perplessità di Israele che grida alla “manipolazione”.
In secundis le periodiche schermaglie con gli Stati Uniti che si sommano al controverso rapporto con l`Unione Europea. E infine l`ostinazione turca a non riconoscere il genocidio armeno, il ruolo socio/politico/religioso delle minoranze curde, la prepotenza militare a Cipro (con ancora quarantamila soldati presenti sull`isola) e le quasi quotidiane provocazioni aeree con i vicini Greci, in virtù di pretestuosi sconfinamenti, che sono costati alcune vite umane tra i piloti solo per fermarsi agli ultimi cinque anni. Facile dedurre come l`evento di portata globale del referendum sia da interpretare non come un punto di arrivo, bensì come base di partenza. Perché non apparirebbe affatto saggio fermare proprio ora la macchina del progresso, dal momento che da quelle urne è venuta fuori più di una svolta storica.
Inoltre è bene focalizzare l`attenzione della comunità internazionale sul fatto che non è stato un voto politico, verso questo o quel partito. Ma sarebbe il caso di leggere quel “sì” come un voto dei cittadini proiettato al futuro del paese, verso quell`emancipazione socio/culturale troppe volte strozzata dall`eccessivo conservatorismo e gretto protagonismo della classe militare, vero architetto degli equilibri turchi, passati e presenti.E il fatto che tra i sostenitori del “sì`” vi siano stati esponenti appartenenti a diversi e opposti schieramenti, significa che in gioco non c`era l`accaparramento di sondaggi o di seggi temporanei.
Ma il ruolo più spiccatamente democratico, da salvaguardare e rafforzare, di un patrimonio comune, con benefici rivolti a tutti. Perché, come diceva Albert Camus, «la libertà non è che una possibilità di essere migliori. Mentre la schiavitù è certezza di essere peggiori».
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