venerdì 24 settembre 2010

Il capitale umano e la rete contro la crisi

Da Ffwebmagazine del 24/09/10

La crisi della Costituzione e l'avvento della globalizzazione approcciate come due elementi interconnessi, per giungere alla constatazione che la democrazia è in mora, e la tendenza del fenomeno è su scala europea. L'ultimo libro di Fausto Bertinotti Chi comanda qui?- Come e perché è smarrito il ruolo della Costituzione individua tre macro aree (politica, economia, cultura) da cui far passare questo enorme corto circuito.
L'ex presidente della Camera asserisce che in passato il tessuto socio-economico era caratterizzato dal cosiddetto capitalismo fordista, con la peculiarità di prevedere una mediazione, quasi a fare da cuscinetto tra l'azienda e gli strati sociali. Mentre oggi, complici una serie di fattori esterni ed interni, quello spazio diplomatico si sta irrimediabilmente restringendo, fino quasi a scomparire. In virtù di una nuova razza di capitalismo dai tratti somatici paralizzanti, per l'assenza di conflitti.

Ed ecco il salto a sessantacinque anni fa, quando dalle macerie della grande guerra sorgeva una nuova linfa, capace di ridare speranza chi stava per perderla, di immaginare scenari umani e sociali completamente nuovi. Quando i Costituenti elaborarono un collante politico e culturale di alta responsabilità che portò alla strutturazione della Costituzione italiana. La storia della Carta è il filo conduttore del volume, passando dai quei “trent'anni gloriosi” tanto decisivi quanto di non facile armonizzazione. Sancendo una rivoluzione umana, con il cittadino che si evolveva in persona, emancipata in primis grazie al suo lavoro.
Passaggio sul quale si conviene, in quanto lo sforzo di quegli anni portò alla valorizzazione proprio della persona, dove il soggetto diventa marcatamente umano, affiancandosi ai suoi simili. Sulla base di questa retroanalisi, Bertinotti fa dipendere lo smarrimento del ruolo della Costituzione dall'avvento di un'incredibile spinta tecnologica, applicata non solo alla scienza ma anche all'economia. E anche a una deriva che svilisce i diritti dei lavoratori. Sul primo aspetto è più semplice concordare, dal momento che a volte può accadere che le conquiste scientifiche non vengano gestite con il necessario coordinamento verso la realtà esistente.

Ma sul secondo sarebbe il caso di soffermarsi più criticamente e tentare un approccio meno ancorato a concezioni del passato. Pochi apparirebbero così pericolosamente stolti da voler annullare con un tratto di penna le conquiste faticosamente ottenute negli ultimi sessant'anni in campo occupazionale e sociale. Con meriti indiscussi delle parti sociali, di quella politica con la “P” maiuscola, capace di elevare il lavoro a condizione primaria e insostituibile dell`esistenza umana. È pur vero che oggi, all`alba del terzo millennio e per una serie di cause, conclamate o meno, ci si trovi di fronte a un'epoca di grandi e improvvisi cambiamenti. E, di conseguenza, di non poche incertezze, catalizzate per lo più dalla recessione mondiale, a cui non sarebbe saggio rispondere con strumenti legislativi, sociali e massmediatici del passato. Che mal si adatterebbero alle nuove esigenze della globalità, dove con questo termine si vuol intendere l'interezza dei soggetti, lavoratori, aziende, società, sindacati, rete telematica e mentale in cui si vive.
È vero come l'autore sostiene che, ad esempio, uno dei deterrenti sia stato la “non Costituzione europea”: una parentesi sconveniente, un segnale inequivocabile da un lato della debolezza certificata dell'Europa; dall'altro dell'assenza di lungimiranza continentale. Con la quale, forse, alcuni aspri dossier come il default ellenico, sarebbero stati attenuati. Se Bertinotti pare avere ragione quando fa dipendere dalla crisi del capitalismo finanziario l'esigenza di nuove infrastrutture regolamentari, pecca di ingenuità invece quando attribuisce l'intera responsabilità dello status quo al mercatismo.

Nuove regole sono irrinunciabili, ma a patto che rinnovino la modalità di partecipazione dal basso alla vita delle istituzioni, che responsabilizzino tutti gli attori (protagonisti e non), che facciano comprendere su quali binari innovativi debba viaggiare la qualità della vita umana e il contesto socio-ambientale nell'alveo del quale far sviluppare tali scenari. Ma non sarebbe sufficiente, senza una classe dirigente rinnovata e responsabile, senza un tessuto sociale non “allevato” al disinteresse ma alla partecipazione propositiva. Con cui quegli indici non sarebbero stati cosi`nefasti.
Indipendentemente dai percorsi che hanno portato alla crisi economico-industriale attuale, e da taluni chiari tentativi di svilimento della carta costituzionale, l'unica soluzione che più di altre potrebbe avere possibilità di riuscita, non sarebbe certamente quella rivolta a dinamiche passate. Ovvero quei diritti sino a ieri consuetudine, in quanto figli di un mondo che, piaccia o meno, non c'è più.

Sarebbe più utile invece rafforzare un altro versante: la ricerca di nuovi strumenti per sconfiggere un nemico diverso, imprevisto, dalle caratteristiche non ancora completamente rivelate. Investendo su risposte e risorse innovative, come il capitale umano (rimettendosi in discussione ognuno nel proprio campo, imparando nuove lingue, delocalizzandosi), come la società della conoscenza, come la natura (che se preservata e saggiamente utilizzata potrebbe produrre ricchezza e vita).
Insomma, rispondere avanguardisticamente alla domanda che fa da titolo al libro, con un “noi”. Sarà solo l'uomo, la persona, con il proprio bagaglio di idee e competenze, trasformato e per questo innovativo, a riprendere in mano il proprio futuro.



Chi comanda qui?- Come e perché è smarrito il ruolo della Costituzione
Ed.Mondadori, di F. Bertinotti. pp.138, euro 18,00

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