domenica 19 settembre 2010

Ma la politica del “se” non cambia l`Italia

«Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare/sarei certo di trovare/tutta la felicita`…” cantava Alberto Rabagliati negli anni del secondo conflitto mondiale. Una sorta di primordiale tormentone per le sporadiche radio presenti nell’Italia martoriata dalla guerra. A testimoniare un’ipotetico evento che cambiasse le cose, che migliorasse i conti e di conseguenza anche il tenore di vita.
Pochi giorni fa un`altra esortazione, diversa nei contenuti, ma affine in quanto a speranze: “Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa“. Cosi` parlo`Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, in uno slancio di quella politica del “se” che purtroppo non si tramuta in azioni e che nei fatti non cambia l`Italia, perche`appunto fatta di parole.
Tralasciando per un attimo il lato emotivo ed umano della questione (sul quale fior fior di Grandi calabresi e campani potrebbero a gran voce dire la loro), ma che significa tale analisi? Si potrebbero facilmente avanzare un paio di dubbi. “Ah” (sospiro), se non ci fossero la mafia, la n’drangheta, la camorra, la sacra corona unita, la criminalita` organizzata, gli italiani del sud e del nord (si vedano per completezza di informazione gli ultimi omicidi mafiosi avvenuti anche in Lombardia, e non solo a Canicatti`) vivrebbero meglio e i commercianti non sarebbero taglieggiati. I rifiuti non verrebbero occultati in chissa`quale discarica abusiva, i giudici non verrebbero uccisi, certe mozzarelle non sarebbero blu dopo l`apertura, l`autostrada Salerno-Reggio Calabria non costerebbe uno sproposito, certi soggetti non verrebbero candidati in certe liste elettorali.
Sempre per completezza di cronaca, si potrebbe aggiungere che senza il governo Berlusconi non sarebbero state approvate alcune leggi ad personam, tra cui quella che ha consentito a Mondadori di non pagare in tasse una pesante cifra, o senza il viceministro Romani alle comunicazioni le casse dello Stato avrebbero gia`incassato circa quattro miliardi di euro dagli sviluppi della banda larga. O senza la congruenza della politica con la “p” minuscola, migliaia di risparmiatori italiani non sarebbero stati truffati da una multinazionale, o senza i ritardi legislativi tutti nostrani avremmo gia`da anni una norma che regoli il fine vita.
E si potrebbe continuare all`infinito, citando numerosi episodi negativi, o numeri e fatti che spieghino congiunture sfavorevoli, alla base di un dato evento. Ma con quale vantaggio? Con quello forse di mordersi la lingua, o mangiarsi le mani, o imprecare contro qualcuno o contro qualcosa? Da una mente vivace e niente affatto statalista e piagnona come quella del ministro della Pubblica amministrazione, capace di inventarsi dal nulla un`interessante riforma del merito, sarebbe lecito attendersi qualcosa in piu`che la “politica del se”. Perche`a nulla serve constatare il constatato, appurare l`appurato (ormai da molto tempo), prendere atto dell`oggettivo ed acclarato.
Cio`che manca e`la politica del fare, quella cosa che abbonda in tutti i programmi elettorali che si rispettino, trasudando promesse e impegno ventiquattr`ore su ventiquattro, per poi essere sorpassata da altre questioni ben piu`urgenti. Come ad esempio la giustizia, gli scudi vari o i processi lenti, medio lenti, brevi o brevissimi, che hanno di fatto superato per rilevanza e considerazione altre deficienze italiane, come i ritardi infrastrutturali, come l`emergenza lavoro che sta facendo chiudere migliaia di aziende, come le difficolta`degli italiani monoreddito, come le piccole e medie imprese soffocate dal fisco.
Senza contare che l`arringa contra di Brunetta, non tiene conto dell`evoluzione concettuale del Pil, che non si calcola piu`affidandosi esclusivamente al benessere prodotto dai quattrini, ma abbraccia anche altri aspetti.
E allora, ci si potrebbe provocatoriamente chiedere, che ne sarebbe delle altre regioni d`Italia senza l`apporto di illustri personaggi? Nati, ad esempio proprio in Campania: come Torquato Tasso, Giovanni Amendola, i De Filippo, Roberto Saviano, Sophia Loren, Galeazzo Florimonte (ispiratore del “Galateo”). O in Calabria: come i pittori Mattia Preti e Stellario Baccellieri, Clearco (caposcuola della scuola reggina di scultura), Costantino Mortati, Aroldo Tieri, Tommaso Campanella, Raffaele Pirio (chimico che ha isolato l`Aspirina).
Verrebbe facile chiudere ispirandosi proprio alla dichiarazione del ministro, per l`appunto chiedendosi: “se non ci fossero i leghisti, i docenti italiani di diritto Costituzionale a chi darebbero poi ripetizioni mensili?”. Ma questa e`un`altra storia.

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