mercoledì 30 maggio 2012

Cipro, sì al cambiamento ma niente amnistia


Ha scritto Brecht che "chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore". La parola magica, sempre più alla moda ma altrettanto ignorata nella liquida postmodernità, è cambiamento. Ovvero quel movimento tellurico che stravolge uno status quo, fino a modificarne diametralmente posizioni, prospettive e dinamiche. E per una serie di ragioni, di opportunità e di merito. Ma la politica internazionale segue spesso altre logiche, dove le diatribe e gli squilibri sociali, causa anche di violenze e sopraffazioni, hanno il comun denominatore di interessi e mosse di geopolitica, vera anima di una partita a scacchi giocata su due o più fronti.
 
Cipro si appresta ad assumere la presidenza di turno dell'Ue in un clima surreale. Con la Turchia che minaccia l'Unione e lo stesso stato membro di repressioni in termini di interruzione di accordi, arrivando anche a invitare le società che attualmente sono impegnate nell'attuazione degli accordi israelociprioti per lo sfruttamento delle risorse minerarie nell'Egeo, a non avere rapporti con Cipro: pena l'estromissione da futuri appalti da Ankara.
 
In questa direzione va letto l'auspicio del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sulla questione. Che sul proprio profilo di twitter ha invitato proprio al cambiamento, definendolo "l'unica strada percorribile, se vogliamo costruire il nostro futuro, dobbiamo accettare il cambiamento. Questo vale per tutti i paesi dell'Ue"». Come dire che ognuno faccia le proprie valutazioni e poi tragga le dovute conclusioni. Cipro è divisa dal luglio del 1974 quando, in risposta a un fallito colpo di stato greco, truppe turche la invasero. E cogliendo quell'occasione per trasformare un'allocazione temporanea, in una vera e propria occupazione militare come dimostra la presenza nella cosiddetta Katekomena di 50mila militari turchi. La parte settentrionale è stata denominata Repubblica turco cipriota del nord, autoproclamata da Ankara e non riconosciuta né dall'Onu né dall'Ue. Di contro a sud la Repubblica di Cipro è membro effettivo dell'Ue.
 
In questi giorni di aspri incroci di lame diplomatiche, c'è da registrare anche la posizione del presidente del parlamento europeo Schulz. Che ha criticato la Turchia proprio per aver minacciato di congelare i rapporti con l'Unione europea. "Io critico questa cosa - ha dichiarato ad Ankara in occasione di una visita ufficiale- Non è possibile. Prendo nota che uno stato candidato (all'adesione) dice che non farà negoziati durante la presidenza di uno stato membro dell'Unione europea". Poi ha invitato lo stato turco a fare di tutto affinché la nuova Costituzione di Ankara rispetti i diritti fondamentali e ha osservato: "La Turchia deve riconoscere la realtà: la Repubblica di Cipro è un paese membro dell'Ue".
 
E' in quella sede infatti che il governo cipriota sta rivolgendo un'altra battaglia, relativa alla memoria storica. Fosse comuni su cui nessuno più veglia, ostacoli burocratici alle esumazioni, violenze e uccisioni a freddo durante l'invasione turca di Cipro nel luglio del 1974: questo e altro è contenuto in un promemoria che il governo di Cipro ha inviato a Strasburgo. Ci sono testimonianze scioccanti da parte di veterani turchi che hanno preso parte a quelle azioni militari. Il governo cipriota ha raccolto tali testimonianze auspicando che vengano aperti e resi pubblici i file dell'esercito turco e invitando i suddetti testimoni al Consiglio d'Europa.
 
Tra le altre c'è quella di un colonnello della fanteria turcain pensione, che descrive la scena dell'esecuzione di cittadini inermi in un'abitazione greco-cipriota nel villaggio di Sysklito: in cui fecero irruzione un ufficiale di artiglieria, con due commando freddando 13 greco-ciprioti che erano seduti in salotto e decapitandone un altro vicino alla porta.
Ma non è tutto. Perché non c'è solo in ballo il riconoscimento di fatti e atteggiamenti di un passato sanguinoso e da cui gronda ancora sangue, ma la sensazione dominante di una partita che coinvolge anche altre fattori non proprio secondari. Come ad esempio la zona sottomarina nelle acque cipriote dove un accordo stretto tra Nicosia e Tel Aviv prevede a breve termine lo sfruttamento delle risorse. Con già la reazione minacciosa da parte di Ankara. Come se accordi internazionali e diritti di uno stato sovrano fossero dettagli trascurabili.
 
Fonte: Formiche del 29/5/2012
Twitter @FDepalo

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