giovedì 10 maggio 2012

Fuori due, Grecia (ed Europa) con lo spettro di nuove elezioni


E fuori due. Alexis Tsipras non riesce a formare il governo nella Grecia che agonizza (e fa agonizzare i mercati) dopo le elezioni di domenica scorsa. Adesso le speranze risiedono tutte nel socialista Evangelos Venizelos, leader del Pasok giunto terzo con il modesto risultato del 13%. E incaricato oggi dal capo dello stato Paoulias di tentare un'ultima carta, anche per via di una legge elettorale pachidermica che favorisce la balcanizzazione. Altrimenti saranno di nuovo elezioni tra un mese, stando a quando anticipato dal Financial Times. La Grecia che si lecca le ferite del voto di protesta e del vento dell'antipolitica galoppante (i neonazisti di Xrisì Avghì al 7%, dopo 40 anni per la prima volta in Parlamento, oltre al record di astensione al 40%) sta scuotendo l'intero continente. Tutti con il fiato sospeso per sapere se l'eurozona avrà un futuro o se questo maggio eccezionale segnerà l'inizio della fine monetaria.
 
Molte responsabilità tuttavia risiedono nei due grandi partiti greci, entrambi usciti dalle urne con le ossa rotte: i conservatori di Nea Dimokratia di Antonis Samaras scesi dal 49% al 18% e i socialisti del Pasok, crollati al misero 13%, dal 44 di due anni fa. Sono loro a non aver voluto accettare l'invito del leader di Syriza, quel giovane e fresco Tsipras con le idee molto chiare, per comporre finalmente un esecutivo di larghe intese che, con la ferma intenzione di restare nell'euro e nell'Ue, rinegoziassero a tassi meno "barbari" i nodi del piano concordato con la troika.
 
Fuorvianti quei commentatori che hanno puntato l'indice contro Tsipras definendolo anti euro e anti Ue solo perché appartenente alla sinistra radicale efori "dal sistema": il 37enne che fa visita al presidente della repubblica senza cravatta, che ha già chiesto udienza a François Hollande, che ha un ufficio ateniese spartano e che non ama codazzi di stampa e portaborse, ha detto chiaramente che se il piano dovesse proseguire alla Grecia non resterebbe la sufficiente energia per la ripresa. Oggi la benzina verde ha sfondato quota 2 euro, l'iva è salita al 23%, la carne è diventata merce rara nel piano alimentare settimanale medio, non solo nel pubblico ma anche nel privato si continua a licenziare senza preavviso e con "anomale" coincidenze. Mentre la casta continua a incassare stipendi spropositati rispetto all'agonia generale, tra un mese otterranno 40 milioni di rimborsi elettorali. E con le nuove urne che peseranno sul bilancio dello stato per altri 10 milioni.
 
Uno dei punti fermi del programma di Tsipras (ripresi in verità anche dagli altri leader) è la rinegoziazione del piano firmato con Fmi, Bce, Ue. In quanto estremamente restrittivo solo sulle fasce deboli e anche su quelle medie, le stesse dalle quali provengono i 250 cittadini che si sono tolti la vita dall'inizio di questa vera e propria guerra. Perché, inutile nasconderlo, ormai di guerra si tratta. Con morti e feriti che rimangono sul terreno, dove si alternano soloni e pseudocomandanti, che pare siano distratti più dalle sirene del potere che da reali intenzioni risolutrici.
 
Guerra, dunque: ieri Serse e le truppe persiane, affamate di conquiste ma fermati alle Porte di fuoco, quelle Termopili dove trionfò il coraggio e la determinazione di Leonida. Uomo (non) solo al comando di 300 eroi, e plastica raffigurazione di uno scenario che non solo è lontano nei secoli. Ma che oggi alcuni interpreti stanno miseramente tradendo.

Fonte: Formiche del 10/5/2012
 
Twitter @FDepalo

Nessun commento: