martedì 7 dicembre 2010

E la Lega grida "niet" agli infermieri immigrati


Da Ffwebmagazine del 06/12/10

Ma la Lega non era il partito del territorio, degli interessi del nord, dell’appartenenza lombarda ai valori qualitativi dei cittadini lombardi? Forse un tempo o, volendo essere maliziosi, forse solo per alcune grandi problematiche, come le aziende municipalizzate o le cooperative. Perché, quando si scende nel quotidiano, ecco affiorare le prime crepe di un movimento anacronistico, che sacrifica gli interessi degli elettori sull’altare del fanatismo.

Quando si parla di miopia della politica, di derive controproducenti e sterili, di provvedimenti figli dell’ideologia e non della ragione. O quando si alza un dito e si riflette sul fatto che troppo spesso i reali bisogni della gente sono sacrificati a causa delle non-idee, non si fa un mero esercizio mentale, o non lo si teorizza per pruriti intellettuali, ma per oggettivi dati di fatto. Il riferimento è alle assurdità amministrative della Lega proprio nella roccaforte storica del suo potere: un comportamento che semplicemente fa danni a quello stesso territorio del quale si vanta di essere la paladina. Altro che interessi localistici. Si prenda la provincia di Milano, con la più alta concentrazione di nosocomi e ricoveri per anziani, con una richiesta di personale elevatissima.

Dunque, in tutta la regione c’è un fabbisogno di infermieri pari a ottomila unità. E la Lega che fa ? Anziché favorire un interessante progetto di Assolombarda, Aler e Provincia, che attira stranieri nel milanese (dal momento che gli italiani certi mestieri non vogliono più farli), con convenzioni per vitto e alloggio e con un piano lungimirante che coniughi esigenze di tutti gli attori, urla il suo “niet”. E non per rilievi nel merito dell’iniziativa, o per apportare miglioramenti al risultato finale, ma per fanatismo. Perché “noi quelli lì, non li vogliamo”, perché “stiano a casa loro”.

E poi non c’è da meravigliarsi se la gente, quella per bene, quella che lavora e che paga le tasse, dipinge un lenzuolo con scritte xenofobe, con ingiurie professate prima ancora di conoscere reati e pene. Ecco il paese che non ci piace, la politica che non ci piace, i sentimenti che non ci piacciono. Perché fanno male, sono controproducenti, lontani dalla realtà dei fatti, concentrati esclusivamente su guerre di pelle e moti di rivalsa verso chi, invece, contribuisce al Pil italiano, pagando più tasse di quante poi ne vede tornare nelle sue tasche. Verso chi sostiene i nuclei familiari italiani, perché senza le badanti, o i manovali, o gli infermieri, o i braccianti, o gli operai, molte aziende di casa nostra sarebbero in grosse difficoltà nel produrre ciò che producono.

Si tratta di persone che, nei fatti e nei dati, come si legge negli annuali rapporti Caritas- Migrantes, è ormai parte integrante del tessuto socio-culturale del nostro paese. Piaccia o meno alla Lega. Ciò che appare assurdo, oltre alla grettezza di certi amministratori (locali e non), è la manifesta ignoranza di alcuni elementari principi non solo economici e politici, ma anche umani, che declinano il valore della dignità degli individui. Pur essendo consapevoli che “quelli lì” sono ormai indispensabili, allora, si boccia un provvedimento per un puro riscontro elettorale, per indossare ancora la maschera dei poliziotti cattivi, dei guardiani di un castello che non c’è più. Perché al posto del ponte levatoio, delle mille barriere di cartapesta, c’è un mondo nuovo, in cui ci si scambiano le competenze, le professionalità. Un mondo con occasioni di crescita per tutti, per chi arriva e per chi qui c’è da molto più tempo, ma che per proseguire con gli attuali standard di vita ha necessità di nuove figure.

Chissà se in futuro la politica italiana riuscirà a comprendere e gestire il vero significato di un fenomeno millenario che ha interessato tutti i continenti: quell’immigrazione che rappresenta un plus, non una zavorra. Ma solo per chi la riesca ad amministrare senza paraocchi.

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