Da Ffwebmagazine del 22/12/10
Ecco la vera scossa a certa classe dirigente sorda e superficiale. Ecco la vera scossa alla politica che ormai non scende più in piazza, che non conosce la gente né tantomeno i giovani, se non solo il mese prima delle elezioni. Ecco il vero filo di seta che potrebbe unire, non strumentalmente, il palazzo ai cittadini e questi ultimi al proprio legittimo domani. Dando slancio a un innovativo ruolo: il ministro del Futuro, come proposto qualche giorno fa dall’ex commissario europeo Mario Monti. E, aggiungiamo, che accorpi dicasteri poco funzionali come l’Attuazione del Programma, la Semplificazione legislativa, le Riforme, il Federalismo. Una figura elevata e lontana dalle contingenze della politica spicciola, quella che balbetta quando si trova al bivio della vita, o che delega scelte fondamentali, o che ritarda riforme imprescindibili perché toccano gli interessi di uno solo.
Ma che invece sia in grado finalmente di volare alto, disegnando percorsi, prevedendo scenari, anticipando criticità, solcando strade nuove. Leggendo insomma fra le righe degli avvenimenti, studiando analiticamente cause per agevolare effetti. Una cosa seria, buona e giusta, che si apra alle istanze di tutti, che ragioni sull’ampio respiro, che non si trovi domani a fare tristemente i conti con l’incompetenza dell’oggi. Ciò che una reclame del passato e del presente - «prevenire è meglio che curare» - dovrebbe aver insegnato a chi sta nella stanza dei bottoni. E che invece mostra disinteresse verso i bisogni di quei ragazzi che tra vent’anni potrebbero essere classe dirigente, o popolo delle partite Iva, o ricercatori, o liberi professionisti, o docenti universitari, o artigiani. Insomma, a quel popolo che domani sarà il motore del Paese, l’architrave sociale di una nazione e al quale oggi la politica semplicemente non sta parlando.
Né possono essere sufficienti i (pochi) contributi a pioggia per iniziative slegate e buone forse per tagli di nastri e mini progetti non certo risolutivi di un malessere diffuso. Ma è poi così difficile comprendere come le basi poste oggi rappresenteranno le fondamenta per lo sviluppo futuro? È impresa titanica, ad esempio, riuscire a convincere chi decide le sorti degli studenti che sarebbe il caso di ascoltare cosa quegli stessi studenti pensano, immaginano, propongono? O riuscire a convincere chi scrive la riforma della professione forense, ad attivarsi per ascoltare le istanze di avvocati e praticanti? O chi si sente investito del potere di ridisegnare la giustizia (per l’interesse di un singolo), ad ascoltare quei magistrati le cui scorte non hanno più un litro di benzina nei serbatoi delle loro auto?
È come se un ingegnere impegnato nel progettare un ospedale, non si consultasse preventivamente con chi quel nosocomio dovrebbe poi utilizzare ogni giorno, infischiandosene anche del fabbisogno di quella struttura, della ricettività del territorio, della capienza di un bacino di utenti. Assurdo.
Amministrare il futuro è anche questo: una figura che lavori per farla finita con la politica legata alla contingenza dell'oggi, dove i protagonisti si preoccupano solo di dichiarare in abbondanza e a sproposito, come le cronache di questi giorni- e non solo- testimoniano, senza preoccuparsi di capire e proporre, senza evitare rischi di demagogia, di populismo, di esasperazione dei toni e quindi dello scontro. Senza rispetto per l’altro, piccolo o grande che sia, senza la benché minima considerazione per il più debole, per i cassintegrati italiani che affronteranno un Natale pessimo, o per quegli immigrati che lavorano senza delinquere, o per quelli che delinquono e che, al pari degli italiani, devono poter essere rieducati.
In quel limbo melmoso dove vale tutto e il contrario di tutto, dove un ministro della Giustizia in un’ispezione ha già scritto la sentenza di colpevolezza per ragazzi e ragazze. In un mondo alla rovescia che va riordinato, spingendo più in là caste, baronìe, assunzioni per chiamata diretta, feste, festini e rimpasti. Ma non per la voglia di introdurre un rigido ordine da caserma, ma solo per dare logica e ragione a un palcoscenico che in apparenza si proclama dritto e sull’attenti, ma che poi si rivela caotico e pretestuoso.
Ecco la portata del ministro del Futuro, il cui raggio di azione sia nell’oggi ma solo per lo spazio-temporale utile a costruire il contenitore di domani, abbandonando finalmente quella polverosa e stucchevole contingenza. Dove conta dichiarare, apparire, inaugurare, anche se poi ciò che si dichiara, o quello che si fa vedere in video o il luogo che si inaugura, alla fine è un triste ripostiglio: vuoto e pieno di ragnatele.
Nessun commento:
Posta un commento