martedì 21 dicembre 2010

La doppia politica di Mister Quagliariello


Da Ffwebmagazine del 21/12/19

Di lui restano impresse nelle immagini e nei ricordi le urla velenose e cariche di astio di una sera di febbraio, quando il Parlamento si ricordò di prendere in esame la questione del testamento biologico, ma solo perché la povera Eluana Englaro smetteva di soffrire. Insulti rabbiosi, occhiate spiritate segno di quella politica perennemente con l’elmetto in testa, sempre in trincea, lontana anni luce da “altri” esempi e interpreti che facevano della moderazione, del rispetto e dell’alta modalità di legiferare una priorità. Ma il vicepresidente dei senatori del fu Pdl, Gaetano Quagliariello, oltre che per quella sera del 9 febbraio 2009, viene curiosamente osservato negli ultimi mesi per via di una sorta di doppia veste, indossata in due luoghi distinti. Che, forse a causa della differente latitudine, modificano la sua linea politica.

Mentre a Roma fa il berlusconiano, in Puglia fa il finiano. Chiariamo: nella Capitale censura chi non la pensa come lui, svolgendo il ruolo di alter ego di un altro campione del liberalismo, come Maurizio Gasparri a sua volta distintosi, in occasione della sfiducia, per una nuova direttrice politica chiamata trasformismo cravattino, per la rapidità con cui ha sostituito al suo vecchio nodo, il colore e il modello indossato dal capo. Si dirà, di questi tempi meglio essere allineati. Ed è proprio così, come testimoniano le migliaia di dichiarazioni del senatore Quagliariello improntate più al contorno che alla sostanza.

«Sulla bioetica? Già in conflitto», ha detto, mostrando di promuovere, forzatamente, i pur importanti temi etici, a punto primario di un esecutivo, paragonabile alla finanziaria o alla spinta riformista per uscire dal pantano della crisi economica. Oppure sulla legge elettorale, «non è un tabù ma basta ipocrisie». Forse quelle del suo capo, che fa di tutto per continuare a ignorare quel 35% di italiani che non vota, e che certamente non contribuisce a far arrivare il famigerato gradimento del premier alle ridicole quotazioni del 60%, come Berlusconi ama ripetere in occasione di cene e barzellette semi ufficiali. Apprezzabile, di contro, lo sforzo culturale compiuto con la fondazione Magna Charta di cui Quagliariello è l’ispiratore, meno quello di inserirvi come praticante una ex partecipante del Grande Fratello.

A cinquecento chilometri più a sud, invece, Quagliariello è vittima di una mutazione genetica. Infatti ogni sabato è a Bari, per supervisionare le ormai - si dice - prossime consultazioni regionali che lo vedrebbero candidato per il Pdl (dal momento che le scelte di Fitto degli ultimi dieci anni si sono rivelate perdenti contro la corazzata Vendola), ma con un piglio che lo rende irriconoscibile ai suoi. Dice: «Il Pdl non deve emarginare nessuno, deve essere un contenitore dove le idee diverse abbiano pari cittadinanza, sia aperto a tutti i moderati, vada oltre se stesso e in grado di convincere anche chi ora nel partito non ci crede», parafrasando Pinuccio Tatarella, uno che veramente guardava avanti. Beh, sembra quasi voler sconfessare il capo di Arcore. Facendo riferimento al partito pidiellino del ministro Fitto, plenipotenziario berlusconiano in loco, e definendolo monopensiero, blocco granitico, unicuum dal quale è necessario distinguersi per aprire al dialogo. Contrastando l’assenza cronica di dialettica interna, l’assoluta genuflessione a un padrone che decide e dispone. Passando per feste di partito separate e conferenze stampa natalizie convocate in luoghi distinti.

Lecito chiedersi: ma chi è allora il vero Quagliariello? Quello che a Roma bastona chi alza un dito per eccepire, quello tifoso dello status quo dell’attuale esecutivo, berlusconiano folgorato sulla strada di Arcore e che brandisce i temi etici come una clava? Oppure quello pugliese che fa il custode delle minoranze e del polipensiero, in quella terra intrisa di accoglienza e di multiculturalismo? Non sarà che questa duplice cornice sia invece forgiata - ma è un solo cattivo pensiero - dalla contingenza geopolitica elettorale? Con la precisa volontà di frenare in terra di Puglia il potere del ministro Fitto? Lecito interrogarsi serenamente e analiticamente, lecito anche trarne logiche ed elementari conseguenze.

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