martedì 21 dicembre 2010

Tutti in piazza con gli studenti per i diritti, senza violenze


Da Ffwebmagazine del 21/12/10

Un invito ad andare in piazza, senza sigle, o targhette di riconoscimento o bandiere, ma solo facendo orgogliosa mostra del proprio senso civico, della voglia di quella generazione che va dai 35enni ai 50enni di oggi, di riprendere il filo di un discorso, di riannodare rapporti con gli studenti. E lontani dalle infinite contrapposizioni, per impedire che il conflitto sia ridotto allo scontro tra polizia e giovani. È l’auspicio lanciato dal gruppo di lavoro del portale informativo Gli italiani, un richiamo a quanti domani decideranno di scendere in piazza per sostenere gli studenti. Perché motivati dall’essere cittadini coscienziosi, gente comune che ha a cuore quello spirito civile che anima imprese e propositi. E la motivazione è che mercoledì 22 dicembre, nelle strade della Capitale non sarà solo celebrato il voto ultimo della riforma Gelmini, con il conseguente pericolo di “eliminare” un’intera generazione. Ma ci sarà, sostengono, una «sfacciata prova di forza per liquidare il patto sociale e la nostra democrazia costituzionale».

La presenza accanto a quei giovani servirà ad impedire che vengano violati diritti e integrità: di chiunque. Di chi ha il legittimo proposito di manifestare la propria contrarietà, non solo di fronte ad un singolo atto legislativo, ma più in generale nei confronti di una classe dirigente con la quale è difficile interloquire. E di chi assicura ai cittadini la quotidiana sicurezza, dal momento che combatte le mafie, con rischi altissimi e con stipendi non altrettanto alti. Perché allora questa chiamata a raccolta? Per una ragione semplicissima, la stessa che i giovani stanno urlando disperatamente: in questi giorni sono in gioco la tenuta sociale e legale del Paese, la democrazia di un popolo, i diritti di tutti.
Si tratta di un vero e proprio patto fra generazioni, soggetti che non possono più chiamarsi fuori da un palcoscenico che invece va vissuto, si legge nel manifesto appositamente redatto. Definiscono la violenza una non-soluzione. Non lo è per chi manifesta contro chi vorrebbe cancellare diritti fondamentali. E non lo è nemmeno «per chi considera l’ordine pubblico una pax bellica». In quelle righe vergate da veri e propri sentimenti di coscienza civile, si allontana lo spettro del muro contro muro, perché figlio di una logica aspra e sterile. Con soggetti espulsi dalla società, relegati ai margini, incattiviti dalla precarietà professionale, da un bioritmo di vita insperato solo due lustri fa.

Ecco lo spirito di questo appello, dunque, in piazza per evitare la violazione dei diritti di integrità, per non lasciar morire ciò che è dovuto. Per srotolare lo striscione che inneggia alla vita, ai pensieri reali, nei quali si trova di tutto: dalla realtà di ogni giorno alle aspirazioni, dalle paure alle idee, dai tentennamenti alle soluzioni. Per gridare finalmente che l’Italia c’è, ed è un Paese con un cuore pulsante, con cittadini vivi e reattivi, proprio quando ci si affrettava a bollare questi adolescenti come abulici e menefreghisti, ecco fare capolino il senso civico, la voglia di partecipare e di condividere, e non solo sui social network. No, non si tratta di studenti passivi, che imparano la lezione e poi filano a casa perché “così si fa”: ma hanno voglia di mettersi in discussione, di esprimere libertà civili e politiche. Per questo è utile che vengano sostenuti, accompagnati, incentivati.
Il gruppo de Gli italiani sarà in piazza con loro, «perché la politica ufficiale in quella piazza non riesce a starci più». Anche per colpa di chi ha troppo spesso delegato irresponsabilmente. In piazza dunque, per difendere una storia, i bisogni, le speranze, i sogni di generazioni intere che sono state illuse, alle quali è stato promesso tanto. Che sono state ingannate, offese, azzerate, imbavagliate da chi intende cancellare, a colpi di strumentalizzazioni, l’univo collante che unisce popoli, Stati e società: ovvero quel tessuto che proviene dal comune senso di giustizia sociale che un Paese che si proclama democratico non può non avere.
Anche per ricordare ai palazzi romani che se i giovani sono animati dalla voglia di partecipare, di dire la loro, di muovere critiche o rilievi, la politica non è bene che si barrichi dal lato opposto, insultandoli, o delegittimandoli. Ma dimostri la propria maturità gestionale, sforzandosi di intercettare quel dissenso, di comprenderne le ragioni, e perché no, suscitando un rapporto di equilibrio con loro. Magari ricordando quell’assunto di Marco Fabio Quintiliano, secondo cui «i giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere».

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