Da Ffwebmagazine del 02/12/10
Ma se i crolli di Pompei si fossero verificati ai castelli della Loira o ai piedi del Partenone, cosa sarebbe accaduto? Due siti, diversi fra loro e lontani anni luce, anche per contingenze socio-economiche. La Francia, che investe nella cultura venti volte più dell’Italia, con un’organizzazione capillare da far impallidire certi nostri amministratori locali, più intenti a tagliare nastri che a programmare con lungimiranza. La Grecia che, pur devastata da disgrazie economiche e gestioni politiche a dir poco fallimentari (che sia destra o socialismo al governo, non conta), quando si è trattato di chiedere all’Inghilterra la restituzione di alcuni fregi del Partenone, si è cementata graniticamente: con giornalisti, artisti, cantanti, attori, cittadini che insieme e compatti, hanno lottato per un obiettivo comune. Uniti da un sentimento comune, dalla difesa di un qualcosa che è insito nell’animo dei singoli, e che appartiene a quelli che saranno i cittadini futuri.
In Italia, invece, no. Se il primo crollo non era poi così grave, il secondo non è colpa mia, ha bofonchiato il ministro della Cultura Sandro Bondi. Ovvio che non sia stato lui materialmente a provocarlo, ma davvero non c’era altro da dire o da fare, o da pensare? Davvero non vi sarebbe stato spazio per il dispiacere, per il rammarico, per un sussulto di orgoglio nazionale di un ministro che rappresenta il Paese al mondo con la più alta densità di siti culturali? Buoni, forse, soltanto quando si lanciano campagne pubblicitarie ed opuscoletti pagati con i soldi pubblici. In un altro qualsiasi Paese del mondo civile, dopo un secondo episodio così grave, un ministro della cultura di media cilindrata, si sarebbe fatto in quattro. Organizzando maratone televisive, raccolte di fondi, chiamando a rapporto in nome del bene del Paese e della sua storia artisti, cantanti, scrittori da tutto il mondo, per concentrare la massima attenzione attorno al sito unico nel suo genere. Bondi invece , nulla, drammaticamente nulla.
E per accendere un raggio di luce in un tunnel che niente altro è, che quello del Paese, di una classe dirigente miope, che utilizza la contingenza del quotidiano per spicciole dichiarazioni di plastica. Come dimostrato dal capogruppo del fu Pdl, Fabrizio Cicchitto, in un impeto di, come la si potrebbe definire? Irragionevolezza? Sciatteria di contenuti? Frivolezza dei commenti? «Esprimiamo - ha detto l’ex lombardiano iscritto un tempo alla P2 - la nostra piena solidarietà al ministro Sandro Bondi, fatto segno di un attacco che rientra nel disegno di destabilizzare in tutti i modi l’equilibrio politico uscito dalle elezioni del 2008». Ma cosa hanno a che vedere questioni legate ai beni culturali, alla manutenzione di un patrimonio unico al mondo, con fantasmi, disegni, intrighi terzisti? Perché voler cocciutamente accostare questioni di merito, (come i rilievi che legittimamente si stanno avanzando sui crolli), con assurdi complotti e con il ritornello ormai scarico delle urne e della legittimazione popolare del voto? Forse perché, ma è solo un’ipotesi, non si è in grado di dare risposte, di offrire vedute d’insieme del problema, di proporre soluzioni o alternative. Insomma, forse è mancata la capacità di risolvere la questione, ed è per questo che si cerca di sviare l’attenzione dall’oggetto del contendere.
E non è tutto, Cicchitto riserva il meglio nella seconda parte della dichiarazione, quando dice che «Bondi è sottoposto a questi attacchi proprio perchè egli è una delle personalità politiche che più si è esposto a sostegno del presidente Berlusconi». Il nulla, l’anacronistico, il distante anni luce dal reale. Vabbè, mettiamola così: diamo la colpa dei crolli pompeiani a Wikileaks e invitiamo Bondi a una conferenza stampa di fine mandato. È chiedere troppo?
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