domenica 19 dicembre 2010

Fini: «L'Europa è unificata dal comune retaggio civile e culturale»


Da Ffwebmagazine del 19/12/10

«L’unità politica europea? Non potrà comporsi solo condividendo interessi economici, ma dovrà passare per un comune retaggio civile e culturale”. Non ha dubbi il presidente della Camera Gianfranco Fini, aprendo i lavori del seminario sull’unità dell’Europa, fra mito, visione e futuro, promosso dalle fondazioni Adenauer e De Gasperi, nel tracciare le linee guida della futura convivenza di popoli e Stati all’interno di quel grande conglomerato che si chiama Unione Europea, al quale però manca a volte un humus che sia più unificante. E riferito a molteplici temi contingenti, come il binomio immigrazione-integrazione. Fini fa riferimento alla riflessione avviata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel sulle differenti tipologie di politiche migratorie sino a oggi adottate dai governi continentali.

Se da un lato sta riscontrando non poche criticità il metodo dell’assimilazionismo adottato in Francia, dall’altro non sta portando i frutti sperati quello del melting-pot tipico del centro nord Europa, in un mosaico con molteplici tessere ma che stentano a comporre un unicuum, e che si sta rivelando di contro una fucina di contrasti anche aspri, come le recenti manifestazioni di piazza testimoniano. Sarebbe bene riflettere su un tipo di multiculturalismo che non sia solo garante statico di diritti e doveri, ma che si sforzi di fare un passo in avanti, verso uno scatto più accentuato che consideri le regole fondanti delle società ospitanti come un primo punto di riferimento, e andando oltre i luoghi comuni del politicamente corretto.

Fini giudica un’illusione il fatto di utilizzare fattori economici come unico collante armonico fra persone e comunità, ma è necessario partire dall’individuo, come essere a cui deve essere garantito il pieno rispetto della dignità della persona, e accanto ad esso serve chiedere il rispetto dei valori legislativi del Paese ospitante. In una doppia condotta, dalle conseguenze ben precise, perché solo con una duplice azione, da parte di chi accoglie e da parte di chi è accolto, si potrà costruire quel tessuto di accoglienza ed inserimento che gli europei, non bisogna dimenticarlo, hanno attuato negli altri continenti nei secoli scorsi.

È chiaro che una buona base di partenza è certamente data dalla vicinanza culturale tra Italia e Germania, testimoniata non solo dalle frequenti cooperazioni tra due fondazioni culturalmente attive come la Adenauer e De Gasperi, ma soprattutto da comuni dati sociali. I due Paesi hanno in passato superato ferite profonde, e non devono secondo Fini smarrire oggi quell’altezza morale che hanno profuso nella seconda metà del secolo. Lo spirito europeo, quindi, si ritrova in una serie di atti della storia recente, come la volontà di ricongiungere le due Germanie, o l’introduzione della moneta unica, o la stesura della Costituzione europea, in occasione della quale, riflette la terza carica dello Stato, si perse un’opportunità quando non si vollero inserire le radici giudaico-cristiane all’interno della carta.

Ma il pungolo in chiave europea, sette anni dopo quell’esperienza, sta oggi nell’individuazione dei valori comuni, imprescindibili per affrontare i temi legati alla vita reale, come le pulsioni separatiste in svariati ambiti del continente, che non bisogna raccontare in toni troppo allarmistici ma che è bene tenere sotto controllo, per scongiurare rigurgiti xenofobi e antieuropeisti.

È quindi la prospettiva futura che deve stimolare l’opera di analisti e classe dirigente, dal momento che guardando all’oggi ma soprattutto al domani, si avrà un tessuto sociale sempre più pervaso da logiche di contaminazione, di scambio civile e culturale, di presenze di stranieri. Per cui non appare di ampio respiro una condotta amministrativa che sottovaluti tale dato di fatto. Quando invece si rende necessaria una valutazione a lunga gittata, per la creazione di sovrastrutture culturali in grado di fare da incubatrici ai prossimi flussi migratori.

Ecco che il presidente della Camera valuta estremamente positivo il dibattito avviato da frau Merkel, dal momento che una maggiore dialettica in ambito comunitario non potrà che portare prospettive costruttive e incoraggianti, ma solo se il dialogo verrà attuato a trecentosessanta gradi, magari coinvolgendo i rappresentanti in loco delle comunità straniere, in una sorta di agorà europeo dell’immigrazione. Che sia propedeutico a quell’integrazione che, più che data da carte bollate e visti ufficiali, deve innanzitutto essere metabolizzata nei gesti di ogni giorno.

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