giovedì 16 dicembre 2010

GRECIA, UNA TREGUA PER LA RIPRESA


Da Mondo Greco del 15/12/10

Ha scritto Confucio che governare “significa correggere. Se tu dai l’esempio con la tua rettitudine, chi oserà non essere corretto?”. Da ventiquattro mesi la patria della filosofia vive uno dei momenti più bui della sua storia, peggio di qualsiasi invasione del passato o guerra civile. Conti in rosso, piazze infuocate, precarietà non solo professionale ma soprattutto umana e sociale.
E se fosse un armistizio a riportare serenità in Grecia? E se si provasse, almeno per una volta, ad ascoltare anziché reprimere? Tra anniversari, misure economiche, disagi e colpevoli del crack ancora introvabili, la Grecia si avvicina al Natale pervasa da scioperi e intemperanze.

I provvedimenti di natura fiscale ed amministrativa messi in atto dal governo, se da un lato puntano a risistemare conti che da anni erano preda di una sorta di “brigantaggio” legalizzato, dall’altro stanno mettendo a dura prova la resistenza dei cittadini. Passi per le classi agiate, per i più abbienti, per i proprietari terrieri. Ma gli altri? Chi si preoccupa degli statali tagliati, o degli operai in cassa integrazione, o di quei liberi professionisti sprovvisti degli strumenti di lavoro, o di quelle famiglie monoreddito che scivolano pericolosamente verso la soglia di povertà? L’esecutivo socialista Papandreu non può certamente percorrere strade diverse dal rigore, impostogli (in ritardo) dall’Unione Europea e dagli standard economici continentali. E a caro prezzo, come testimonia l’acquisto greco di due modernissimi sommergibili dalla Germania, in un impeto di, come si potrebbe definire? Follia, sbadataggine, coincidenza, investimento fuori luogo?
Ma sarebbe stato utile, forse, aprire una finestra di dialogo con le parti sociali, con le imprese, con il mondo produttivo, con gli statali, almeno per provare ad armonizzare decisioni e ridimensionamenti, per smussare e comprendere la loro protesta. Anche perché sino ad oggi non sembra che alcun politico o burocrate abbia pagato dazio per il disastro economico del Paese. Nessun manager della pubblica amministrazione, o ministro, o deputato, sembra sia stato interrogato, o coinvolto in qualche inchiesta della magistratura per fare luce su questa grande anomalia del secolo.

E’come se un capofamiglia un bel giorno si svegliasse, e mettesse al corrente tutti gli altri componenti del nucleo familiare, dell’impossibilità a garantire loro un pasto. E con quali premesse, per quali cause, con quali e quante responsabilità? Ciò che più lascia perplessi dell’intera vicenda è la mancanza di orgoglio e di onestà intellettuale da parte dell’intera classe dirigente, che non si è sentita nemmeno in dovere di chiedere scusa non solo ai greci ma a tutti gli europei, di una condotta amministrativa suicida, con sprechi di danaro grossolani, con iniquità senza precedenti, senza una visione minimamente lungimirante.
Qualcosa, però, si può ancora fare. Prima di chiedere sacrifici, tripli salti mortali per arrivare alla fine del mese, c’è ancora qualcosa che la politica ellenica può fare. Un segno, non servirebbe altro per risollevare, almeno temporaneamente, gli umori della gente. Un segno che solo una politica alta e ragionevole, potrebbe e dovrebbe dare. Devolvendo gli stipendi del Parlamento di dicembre a chi non percepirà la tredicesima, o a chi non riuscirà a tagliare la Vasilopita, o a chi dovrà rinunciare anche al minimo per far quadrare i bilanci. In quel caso sarebbe più agevole far comprendere i perché di una manovra, partecipando assieme al popolo a quei sacrifici. Almeno testimoniando la vicinanza alla gente di una classe politica che non ha poi fatto molto per spiegare la bontà di quei sacrifici.
Contrariamente si renderebbe ancor più profondo, quel solco che divide i palazzi della politica dalla vita di ogni giorno; i grattacieli del potere, dai sottani che combattono dall’alba al tramonto per produrre qualcosa o far produrre a qualcuno. Non si tratta di svoltare politicamente o populisticamente di qua o di là, se proprio si vuol definire una strategia politica più attenta e meno avventuriera, solo prendere atto che le coordinate geopolitiche e sociali sono drammaticamente mutate. Per tutti, non solo per quei cittadini che pagano le tasse, o che rispettano le leggi, o che non cercano la scorciatoia delle fakellakia (bustarelle) per ottenere il rispetto dei propri diritti.

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