C’è un corto circuito che la politica italiana deve evitare come la peste: la burocrazia psicologica che blocca le idee, che fa perdere prezioso tempo in attività che non servono all'obiettivo finale. Che prende le sembianze della cosiddetta retorica della base. In quanto la base di un partito moderno è rappresentata dai possibili elettori e non qualche migliaio di uomini di apparato, che si dilettano in bizantinismi e in commi. Dimenticando tutto il resto. Ovvero le nuove frontiere, gli orizzonti da varcare e colorare, senza paura e senza guardarsi indietro a ogni passo, come se si cercasse l’approvazione di un passato o una falsa legittimazione di sigle o slogan. Il futuro della nuova politica sta in geometrie sconosciute, da tracciare e seguire con coraggio e determinazione. E soprattutto lontano da prassi pachidermiche. Ma mettendo in comune prospettive, percorsi e forze. Perché, parafrasando Richard Sennett, il condividere intimità tende a restare il metodo preferito, forse l’unico rimasto, di costruzione della comunità. Perché l’incastrarsi dentro logiche polverose e improduttive impedisce ai neuroni e alle proposte di avere spazio. Uno spiraglio che può farsi breccia e sfondare definitivamente le resistenze del vecchiume, dando voce al movimentismo, alla rete di cui ancora qualcuno teme anacronisticamente la forza propulsiva. Lo ha saggiamente rilevato Sergio Lombardo: ciò che è più importante, e quindi più politico, è creare nuovi valori, nuovi scopi ideali, creare uomini meno confusi. E per farlo basta cassare ciò che è passato in questa Italia che si lecca le ferite del berlusconismo: meno apparati dunque, e più cittadini delusi da recuperare futuristicamente. Con l’azione e il dinamismo. Con la piazza e i movimenti. Con le idee, libere, da far circolare a più non posso, fino alla nausea. Ecco come fare.
Fonte: il futurista 24/10/11
Nessun commento:
Posta un commento