giovedì 27 ottobre 2011

La crisi del racconto? È finita, ora parla la piazza

La crisi del racconto è finita, finalmente ricomincia il film italiano: le piazze di ieri a Milano con Libertà e Giustizia e di Roma (la stessa piazza Navona con diecimila persone per Nichi Vendola) lo dimostrano ampiamente. La gente vuole tornare partecipare, anzi lo sta già facendo, senza tessere e con più movimenti: la civitas si è stancata di essere passiva nel subire strategie miopi e decisioni di corto respiro. È finito il tempo del silenzio, dell’accordo, della sottomissione al leader stanco e spoglio, o ai ras locali che hanno vissuto di rendita fino a oggi. È finita insomma la manfrina dei bizantinismi stucchevoli e arrendevoli, quelli che fanno dire a Angelino “custode” Alfano che no, lui non rinuncerà mai alla figura di Silvio Berlusconi. Ecco il caos, totale, imbarazzante, ingannevole e deleterio. Il caos da cui non nasce nulla di buono, né idee né prospettive. Solo rendite di posizione, da costruire e rafforzare; da raddoppiare e triplicare all’infinito e senza ritegno. Ma non un millimetro quadrato di novità per il paese. Osservare migliaia di italiani inneggianti alla ricucitura del tessuto socio culturale nazionale è più di un segno, è una bordata assordante lanciata nell’eco di quel berlusconismo al tramonto. Non è solo sintomo di attività, di speranza, o di rivolta: ma traccia la strada maestra da seguire. È l’agorà biancarossaeverde il futuro del paese post crisi economica e post berlusconismo, è la condivisione, il mettere in comune, il trasportare la prospettiva del singolo in un’alcova che parli plurale. Fuori dagli egoismi e dai leaderismi. Una rinascita comune che sta già spingendo l’Italia e i suoi umori quotidiani fuori dal medioevo in cui il pifferaio di Arcore l’ha affossata. La risposta al torpore, alla crisi del racconto degli ultimi anni, alla dolosa trasformazione del buio in luce e del vero in falso è in quelle piazze di ieri e nelle altre che si animeranno domani. Perché un nuovo rinascimento italiano è possibile, anzi obbligatorio.

Fonte: il futurista 10/10/11

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