sabato 27 novembre 2010

A chi fa paura la rivoluzione copernicana della Rete?


Da Ffwebmagazine del 27/11/10

Che succederebbe se alla rete si applicassero norme restrittive, che soffocherebbero di fatto il suo peculiare spirito di libertà? Come favorire l’assunto che più internet equivale a disporre di più democrazia? È chiaro che in questo frangente ci sono dei valori assoluti inconfutabili: avere maggiori informazioni (intese nella pubblica amministrazione e nelle news) nel mondo di oggi rappresenta un’opportunità straordinaria, una rivoluzione copernicana nelle vite dei cittadini che va attuata in positivo. In quanto apre strade sino a ieri non battute, illustra scenari sconosciuti, rompe schemi di un passato che, se ripresi al giorno d’oggi, non porterebbero a nulla. Logicamente se il tutto non venisse metabolizzato come un’occasione di progresso, ma come un rischio e con un approccio dettato dalla paura, ecco che si finirebbe per realizzare quella che Lessig ha definito “guerra contro i nostri figli”. E che porterebbe quel sistema timoroso ad autoescludersi dal circuito internazionale, dalle chanche di sviluppo occupazionale, sociale, culturale, politico.

Di contro lo scoglio maggiore non è rappresentato dal bilanciamento delle opportunità con i rischi del settore, perché sarebbe come voler teorizzare che le automobili sono un mezzo fondamentale di trasporto ma che con esse si possono anche fare degli incidenti. Un modo sterile di affrontare l’evoluzione a cui la società grazie alla rete sta andando incontro, nel solco delle più tradizionali discussioni sui nuovi strumenti tecnologici che da sempre sono state imbastite fra modernisti e ultraconservatori. Per questo appare positivamente di lungo respiro la proposta del deputato Fli Antonio Buonfiglio (riprendendo un’idea del Presidente Fini) di equiparare l’accesso a internet ad un vero e proprio diritto costituzionale. Un’accelerazione da condividere anche con il mondo dell’industria, che potrà sfociare in opportunità interessanti per l’intero sistema Paese. A cui gioverebbe che si sviluppasse una vera e propria industria di Internet.
In quella direzione va, ad esempio, la nuova iniziativa di Google. Che durante l’ultimo Super Bowl ha trasmesso un video, illustrando una storia grazie a ricerche fatte in rete: un punto di partenza per una campagna pubblicitaria (una primizia in Italia), che mesce tv e web. Senza dimenticare altri spunti come Internet for Peace, o quelli rivolti alla libertà di espressione, o gli studi di approfondimento come quello presentato dal centro Nexa. Per chiarire come sia falsa l’idea delle grandi aziende “cattive” che non hanno a cuore l’interesse dell’individuo, semplicemente perchè è vero esattamente il contrario.

Si prendano realtà come Google che prestano i propri servizi in forma gratuita (dal momento che il modello di business è quello della pubblicità), e dispongono di un unico referente che è l’utente. Senza il quale, ad esempio, lo stesso Google non esisterebbe. Ecco il legame con quella campagna pubblicitaria, legata alla ricerca: oggi si cercano le informazioni attraverso molteplici risorse, non più soltanto grazie ai tradizionali motori di ricerca.
Lecito chiedersi: chi brandisce come una clava l’esigenza della segnalazione di contenuti illegali (senza dubbio fondamentale per il sistema), non rischia così di far trasparire ben altri timori e pregiudizi verso la rete? Due le tematiche rilevanti per fare chiarezza: la libertà di espressione, che è un diritto costituzionale decisivo, che si declina anche come diritto di accesso alle informazioni, un diritto di per sé, che incarna un valore qualitativo di cittadino che, se più informato, sarà più in grado di prendere decisioni ed assumere posizioni. In secundis l’assunto che l’informazione aiuta la democrazia, e Internet è un media pluralista. Detto questo il problema sicurezza esiste, ma è completamente staccato da tale contesto, dal momento che non appare utile fare una sorta di bilanciamento fra due realtà così diverse. La sicurezza deve essere garantita attraverso la collaborazione fra le istituzioni, le forze dell’ordine e gli operatori: nel rispetto delle garanzie costituzionali, incluso il diritto alla privacy.

Collaborazione che, a oggi, c’è stata nella repressione del crimine informatico, una costante di qualsiasi internet service provider.
Con la differenza che oggi in Italia si vive un vero e proprio controsenso: mentre da un lato l’Unione Europea nella carta fondamentale dei diritti considera la rete una straordinaria occasione di conoscenza, dall’altro provvedimenti come il decreto Romani rischiano di ingabbiare quella leggerezza e quella libertà del web che ha fatto della Rete la vera rivoluzione copernicana del terzo millennio.

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