lunedì 29 novembre 2010

Parola di Bauman: senza solidarietà nessuna ripresa

Da Ffwebmagazine del 29/11/10

C’era una volta una società con cittadini responsabili e che, in buona parte, erano consapevoli dei propri limiti. Perché gravati da eventi storici importanti, perché idealmente partecipi alla strutturazione delle istituzioni, al loro rispetto, alla loro valorizzazione come patrimonio comune.

C’è oggi invece un cumulo di consumatori, (in apparenza) soddisfatti di consumare, ma rapiti un minuto dopo dalla logica perversa del consumo. Come se quel pozzo infinito di oggetti materiali, fosse direttamente proporzionale ad un tasso intimo di felicità. Come se da quell’indice commerciale dipendesse, alla fine, la qualità della vita di tutti. Vi sono, di contro, anche sistemi macroeconomici mutati, in brevissimo tempo. C’è il default della Grecia, c’è la difficoltà dell’Irlanda, la sofferenza di altre economie mediterranee. C’è la sperequazione sociale, ci sono flussi migratori che si orientano anch’essi sulla scorta della grave congiuntura economica: c’è insomma, un mondo in movimento. E a tale scenario deve per forza di cose associarsi un atteggiamento sociale diverso.
Come comporre dunque la società del futuro? Non ha dubbi Zygmunt Bauman, conversando con Repubblica sul ruolo della sinistra inglese, sui fratelli Miliband e sulle prospettive di rinascita in chiave europea: «Serve più solidarietà», dice convinto. Ovvero puntando su un riequilibrio dei valori materiali e immateriali sulla scena mondiale. Valori che servono anche come collante inclusivo, dal momento che, sostiene Bauman, se un individuo si vede escluso dal circuito sociale di una collettività, rimarrà sprovvisto di protezione e potrebbe essere proprio in quell’istante facilmente manipolato. In quanto con la guardia bassa, debole, sfibrato dal processo ad escludendum che lo ha interessato. Secondo Neal Lawson, mente di Compass, il pensatoio dei laburisti inglesi, Bauman avrebbe contaminato persino la modalità espressiva di Ed Miliband, quando invita ad una mobilitazione di massa verso chi reputa che nella vita non ci siano solo gli incassi a dettare tempi e umori quotidiani. Ma anche quella che viene definita «energica difesa della collettività, dell’appartenenza e della solidarietà».

Dunque per il sociologo della società liquida, lo stesso che ha declinato come «nell’oscurità il calore della comunione umana diventi la salvezza», appare come elemento basilare alla sopravvivenza futura un parametro diametralmente opposto a quello issato a vessillo dello spreco e dell’abbondanza: la “resurrezione morale», rileva, potrà arrivare solo con un reddito minimo garantito. In quanto ritiene che la partita non si giochi più sul piano del comunismo, o del consumismo, dal momento che «gli Stati intendono controllare l’opinione pubblica e riprodurre le loro élite». La sua preoccupazione maggiore sta nell’evoluzione distorta che la società ha registrato, passando da un’etica del lavoro a una del consumo.

Mentre nella prima si prediligeva lo status costituzionale del lavoro, come professione, come realizzazione di sogni ed aspettative, nella seconda ecco irrompere il consumo come stadio finale di un percorso di vita. Come se gli sforzi compiuti in campo occupazionale e sociale fossero indirizzati poi al solo obiettivo di acquisire, spendere, consumare. Dove l’interesse personale travalica tutto e tutti, sgretolando l’insieme, la comunità dove il singolo, piaccia o no, vive, cresce, si riproduce. Mortificando il contenitore nel quale l’uomo non può fare a meno di inserirsi.

Per questo appare interessante un approccio valoriale, ma più umano e concreto, al bivio in cui la società del capitalismo si ritrova, indecisa se avvolgersi protezionisticamente su se stessa, ed erigendo mura spesse ma anche immobilizzanti. O sperimentare un’altra strada, meno egoistica, più collegiale: magari riprendendo un’altra riflessione di Bauman di qualche tempo fa, quando disse che «la democrazia non può fondarsi sulla promessa dell’arricchimento. Il suo tratto distintivo è rendere servizio alla libertà di tutti».
Libertà, quindi, anche di vivere dignitosamente, di godere dei diritti che l’essere umano dispone, a volte solo sulla carta. E che a maggior ragione vanno preservati e difesi con tenacia.

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