Da Ffwebmagazine del 07/11/10
Tre anni fa le timidissime liberalizzazioni tentate dall’allora ministro dell’industria Bersani, suscitarono proteste e malumori, nonostante fossero interventi di minimo impatto, ma che pian piano avrebbero minato certezze e privilegi granitici. In quell’occasione l’istituto "Bruno Leoni" aveva proposto di regalare una licenza ai tassisti per indennizzarli dell’avviamento alla professione. Misura che avrebbe consentito ai lavoratori in attività di monetizzare la loro rendita, ma anche di raddoppiare le licenze dei taxi. Ma mentre i tassisti di Roma in quell’occasione bloccarono il traffico cittadino invadendo piazza Venezia, non si ha traccia ad esempio delle manifestazioni dei clienti, dei cittadini che magari non erano soddisfatti del servizio o di pagare almeno quaranta euro fino a Fiumicino.
Ricordare l’episodio del traffico in tilt della Capitale è utile per comprendere come da molto tempo non si proponga un’iniziativa scomoda ma utile, che intacchi uno status quo deleterio per lo sviluppo futuro del Paese. Riflettere, dunque, sul fatto che gli ordini professionali rappresentano interessi concentrati, statici e pachidermici, mentre quelli degli utenti sono spesso sacrificati sull’altare del corporativismo.
Mentre in commissione giustizia del Senato si discute del ddl sulla riforma degli ordini professionali, un interessante libro di Riccardo Cappello - Il cappio. Perché gli ordini professionali soffocano l’economia italiana, Rubbettino editore, pp. 288, euro 16,00 -, illustra anche ai non addetti ai lavori, come mai l’economia italiana sia soffocata da un vero e proprio cappio. Che frena impulsi moderni e liberali, che funziona da zavorra di un corpo che vorrebbe essere più leggero e maggiormente mobile verso le nuove esigenze che le professioni del terzo millennio custodiscono.
Quanto la logica della autoconservazione guida la sopravvivenza degli ordini professionali in Italia? La risposta dovrebbe essere “molto”, dal momento che questo vero e proprio freno affoga gli impulsi dell’economia, impedendo che venga concepito un mercato vero e aperto a tutti. Invece cementificano una struttura lenta e chiusa a doppia mandata, che sino a questo momento nessun esecutivo è riuscito a scardinare. Corporazioni, scatole concentriche, contenitori ingessati di risorse umane e confederazioni di interessi che alla fine rappresentano un peso anche a svantaggio degli stessi iscritti.
Storture che il libro analizza con un linguaggio semplice e con riferimento al fatto che ancora oggi la macchina amministrativa italiana appesantisce imprese e cittadini, imponendo loro di avvalersi tra l’altro di professionisti definiti dall’autore “non indispensabili”. Meno vincoli non significa meno regole, sia chiaro. Ma a patto che siano funzionali al progetto di evoluzione, che rappresentino un sostegno alla crescita e non un impedimento.
Lecito chiedersi: come mai in altri Paesi i medesimi ambiti non vivono il declino nostrano? Anzi, vengono incentivati qualitativamente magari, sottolinea Cappello, evitando di rivisitare tariffe che impediscono la concorrenza. Solo così l’avvocato riuscirà a tirarsi fuori da quella nicchia di isolamento, sforzandosi di utilizzare il proprio talento anche per il benessere collettivo. Per cui non si comprende perché nel ddl in questione non si possa combinare la professione forense con un’altra competenza. O escludere tutti quegli iscritti che non esercitano in modo continuativo o a tempo pieno, disposizione che contrasta con un principio comunitari vigente, ovvero il requisito di continuità sul lavoro femminile, provocando di fatto una discriminazione verso quelle lavoratrici che per scelta o per esigenze di maternità prestano la propria opera in modo frazionato.
Quindi in un contesto socio-economico in rapidissima evoluzione, con mutamenti continui sull’oggetto del sapere e sulle forme di occupazione che risentono degli eventi sismici mondiali, che senso ha ad esempio impedire un sinergia tra competenze dell’ingegnere e quelle dell’avvocato? Dove il diritto industriale si fonde con quello dei brevetto. O dove in medicina legale si devono per forza di cosa intrecciare figure professionali mediche ma anche legali.
E allora ecco che il libro di Cappello può essere di aiuto nell’affrontare la questione degli ordini professionali con una verve più riformatrice, modellando non un ritorno al passato sulla scia di una sorta di timore del nuovo e del libero. Ma offrendo alle professioni più occasioni di crescita e meno vincoli che sanno di vantaggio per pochi.
La politica dovrebbe, proprio per sua missione, operare scelte apparentemente impopolari, ma che hanno ricadute serie e vantaggiose per l’intera collettività, rivolte ad un benessere lungimirante. Ed evitando di accontentare solo il singolo, mortificando in questo modo una strategia ariosa.
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